11 Settembre 2001, un giorno che non dimenticheremo mai. Nell’attentato alle Torri Gemelle, morirono più di 3.000 persone.
Vittime furono coloro che persero la vita al Pentagono, alla Casa Bianca, alle Torri Gemelle (soprattutto), sugli aerei dirottati; vittime furono i dirottatori stessi e le tante persone che prestarono i soccorsi.
Sappiamo che le persone rimaste imprigionate nelle Torri Gemelle ebbero la peggio, poiché, li, erano ospitati 35.000 dipendenti, distribuiti in 430 diverse Società.
Erano padri e madri di famiglia, sorelle o figli di qualcuno, amici, gente comune che conduceva una vita normalissima e mai avrebbe immaginato una simile sciagura.
I loro nomi, gli ultimi messaggi inviati alle famiglie, rimarranno indelebili, nel racconto di quel tragico giorno, come nei ricordi dei familiari e di chi ha atteso invano il loro ritorno.
Proprio attraverso quei messaggi, vogliamo ricordare alcuni di loro e il terrificante attentato.
“Ascoltami, mi devi ascoltare molto attentamente. Sono su un aereo. E’ stato dirottato. Ti amo tanto. Di’ ai miei figli che li amo tanto”. Era Ceecee Lyles, hostess sul volo United Airlines 93, che parlava al marito.
“C’è molto fumo!”, diceva Christopher Hanley di 35 anni, che chiamava il 911 da una delle Torri Gemelle e ancora non si era reso conto di ciò che lo aspettava. Nessuno poté raggiungerlo e soccorrerlo.
“Sono terrorizzata. Ho bisogno di dirti quanto veramente ti ami. Diane”.
E Melissa diceva, chiamando il 911: “Fa caldo, il pavimento è caldo, abbiamo paura”.
Kevin Cosgrove, invece, era al piano 106 del World Trade Center, diceva di aver raccontato una bugia alla moglie, cioè che fosse già in salvo! E poi: “Oh, my God!” e nulla più.
Tanti furono coloro che morirono cercando di salvare altri, vigili del fuoco e paramedici, gente comune che corse a scavare tra le macerie interminabili delle Torri.
Tra i soccorritori morirono 411 persone, mentre oltre 2.500 vennero contaminanti dagli agenti cancerogeni e della polvere tossica, che causarono, successivamente, gravi malattie e malformazioni fetali.
Inaudita la furia malefica che si scatenò quel giorno, impressa nella memoria collettiva del pianeta Terra.
Gli artefici di tanto dolore furono menti ed esecutori, pronti a sostituirsi a Dio, nella insana illusione che questa terra debba essere di pochi eletti e valga la pena morire per ribadirlo.
Per non mortificare ulteriormente la speranza, pregando sempre per le vittime di ogni carneficina, chiudiamo con un messaggio che riportò a casa uno dei protagonisti di quella vicenda: “Urgente. Sono Tim. Sto bene. Ero fuori dall’edificio quando è esploso, ma sto bene. Papà, ti voglio bene e sono felice che stia bene. Chiamami appena sei a casa”.
Antonella Sanicanti
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