Il 12 novembre si ricorda san Giosafat Kuncewycz, vescovo in Russia, soprannominato il “rapitore di anime” perché convertiva a Dio, che si è adoperato strenuamente per l’unità della Chiesa e muore martire.
San Giosafat Kuncewycz, che si commemora oggi 12 novembre, fu un vescovo russo e visse a cavallo tra XVI e XVII secolo. Nato in Ucraina, a Volynia, nel 1580, in una nobile famiglia di fede ortodossa, gli fu dato il nome di Giovanni.
Fin da quando era molto giovane visse con sofferenza i contrasti che laceravano la cristianità in Rutenia. Dopo una profonda riflessione, decise di diventare cattolico. Poi si ritirò a Vilnius nell’antico monastero basiliano della Santissima Trinità, e scelse il nome religioso di Giosafat.
Svolgeva le opere di pietà e la penitenza in un modo che colpiva molto i confratelli. Vedevano in lui una fede e un amore verso Gesù Crocifisso per cui ben presto lo presero a modello. Nel 1609 divenne sacerdote e gli venne affidata la diocesi di Polotzk. Si dimostrò eccellente nella predicazione.
Santo di oggi 12 novembre: San Giosafat Kuncewycz
Svolgeva l’apostolato in modo così efficace che veniva definito “rapitore di anime”. Aveva una profonda conoscenza della Sacra Scrittura, conosceva i libri liturgici orientali e gli insegnamenti degli antichi Padri.
Era forte anche la sua devozione alla Beata Vergine Maria che venerava in particolare attraverso l’ icona nota con il titolo di Regina dei Pascoli. Puntava anche sul comune amore di cattolici e ortodossi per la Madre di Dio al fine di ricomporre l’unità della Chiesa e operare una riconciliazione.
Papa Pio XI lo ha definito “apostolo dell’unità” perché per tutta la vita si è adoperato a questo scopo. Con la predicazione e in forma scritta compiva grandi sforzi per raggiungere questo importante obiettivo. Scrisse infatti alcune opere per dimostrare l’origine cattolica della Chiesa rutena e la sua dipendenza dalla Santa Sede.
Per l’unione della Chiesa fino al martirio
San Giosafat Kuncewycz dopo un primo periodo di vita eremitica fondò diversi monasteri e nel 1617 fu nominato vescovo della diocesi di Vitebsk. In seguito divenne arcivescovo di Polock. Cacciò i sacerdoti ortodossi che creavano scompiglio e cercò in tutti i modi di ricondurre gli scismatici alla Chiesa di Roma.
Formò la Chiesa Uniate trovando un compromesso con la fede ortodossa di cui manteneva alcuni riti, ma ristabilendo una piena comunione con la sede romana. Era pronto a tutto pur di ottenere l’unità, anche dare la sua vita. Si offrì spiritualmente dicendo a Dio: “Signore, concedimi di poter versare il sangue per l’unità e per l’obbedienza della Sede Apostolica“.
È quanto avvenne. Il suo operato infatti gli aveva prodotto non pochi nemici che gli tesero un agguato. Mentre era di ritorno da una visita pastorale, la notte del 12 novembre 1623 fu aggredito e trafitto con le frecce. Lui accolse il martirio e chiese a Dio di perdonare i propri carnefici. Alcuni di loro rimasero così colpiti da quella testimonianza tanto da convertirsi e tornare in comunione con la Chiesa. A loro volta altri li seguirono e le conversioni furono numerose.
Purtroppo prima di questo fu fatto scempio del suo corpo che dopo l’uccisione venne gettato nella Dzwina. La sua beatificazione avvenne nel 1643 e nel 1867 ci fu la canonizzazione. Papa Paolo VI nel 1963 fece trasportare alcune reliquie del Santo a Roma presso la basilica di San Pietro: si trovano sotto l’altare di san Basilio Magno.