Mercoledì 13 maggio 1981, un mercoledì come tanti in piazza San Pietro a Roma, un giorno come al solito dedicato all’udienza papale. Giovanni Paolo II, quel mercoledì, si offre ad un bagno di folla. Su di una vettura scoperta per due volte fa il giro del sagrato, a dire il vero non molto affollato. Tra le teste dei fedeli spunta una pistola. Il killer in agguato è un ottimo tiratore. Spara due colpi. Un primo proiettile spezza l’indice della mano sinistra del pontefice e gli penetra profondamente nel ventre. La seconda pallottola lo colpisce di striscio al gomito e, rimbalzando, ferisce leggermente due pellegrine americane. La veste bianca del papa si macchia di sangue. In fretta Giovanni Paolo II viene ricoverato agonizzante al policlinico Gemelli: resterà in camera operatoria per più di cinque ore. Un’operazione delicatissima per quel proiettile, perforandogli l’addome ha perforato l’osso sacro, tranciando in più punti l’intestino. L’attentatore, braccato dalla folla, è un turco, Ali Agca, un musulmano fanatico, legato ai Lupi Grigi, un gruppo dell’estrema destra, implicato nel traffico di stupefacenti. Evaso dalle carceri turche, Agca nel suo paese è stato condannato a morte in contumacia per aver assassinato il direttore di un quotidiano turco, Milliyet, che due anni prima aveva pubblicato una sua lettera nella quale annunciava di voler uccidere il Papa, se lo stesso non avesse rinunciato ad un suo viaggio in Turchia.
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