Sono passati 40 anni da quel 13 maggio, quando un uomo “vestito di bianco” fu ferito in Piazza San Pietro.
L’attentato a Giovanni Paolo II è stato uno dei momenti più drammatici del suo Pontificato. La paura, l’angoscia, il sangue che macchiava la sua veste bianca. Ma anche quella mano materna che ha deviato il colpo. Da lì, la decisione di donare quel proiettile proprio a lei, a Maria.
Era un pomeriggio di maggio, il mese dedicato alla Madonna e Piazza San Pietro era gremita di fedeli in attesa del Papa. Sono le ore 17 e Giovanni Paolo II attraversa, con la sua papamobile, la piazza, allungando la mano, salutando e benedicendo i fedeli.
Ma d’improvviso si odono colpi di pistola: il Papa è colpito, si accascia, ha la veste macchiata di sangue, è ferito. Sono le 17.17. Giovanni Paolo II è portato via per esser immediatamente soccorso e portato all’ospedale “Gemelli” di Roma. In piazza l’angoscia è tanta: “Chi ha sparato? E perché?” – si domandano increduli i fedeli.
Alle 17.30, l’ambulanza con il Santo Padre arriva in ospedale. Il mondo è in attesa, si ferma, prega per la salvezza del Papa. Da questo momento così concitato, parte il racconto del libro di Antonio Preziosi, giornalista e direttore di rai Parlamento, dal titolo “La storia dell’attentato a Giovanni Paolo II”.
Un libro che alterna la vicenda di cronaca a quelle vaticane, al comprendere perché questo Alì Agca sia venuto a Roma per attentare alla vita del Papa. Ma soprattutto, la grande forza e la grande fede di Giovanni Paolo II.
L’attentato, l’intervento chirurgico, il Papa che ce la fa e il suo aver sentito “quella mano di Maria proteggerlo”. Ma soprattutto quel suo perdonare, pochi istanti dopo esser stato colpito, mentre era in ambulanza, il suo attentatore: “Io ti perdono ed offro tutto questo che mi è capitato per la Chiesa e per il mondo”.
La Vergine Maria: presenza fissa e costante nella vita di Giovanni Paolo II: quel “Totus tuus” che ha segnato il suo intero Pontificato, donandosi fino all’ultimo, fino anche alla decisione di rivelare il terzo segreto di Fatima, nel 2000, rivelando di esser lui “Quell’uomo vestito di bianco” a cui la Vergine, ai tre pastorelli, faceva riferimento. E da lì, donare proprio quel proiettile alla Madonna di Fatima, ora incastonato nella sua corona.
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L’attenzione del giornalista, nel suo testo, si incentra, anche, sul coraggio e sull’immensa fede che portò Giovanni Paolo II a voler incontrare il suo attentatore, perdonandolo anche in carcere. Agcà era ossessionato dal fatto di non esser, più, un killer perfetto, di aver fallito “nel compito che gli era stato affidato”. E il Santo Padre perdonò anche questo, mostrando a quell’uomo la vera pietà e misericordia cristiana.
Fonte: ilgiornale
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ROSALIA GIGLIANO
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