Il dipinto trasuda sangue che dalle analisi risulta essere di natura umana: dalle ferite di Gesù, dai suoi occhi e da quelli di Maria, mentre dagli occhi di Giovanni piangente, fuoriescono lacrime turchine. Avviene il miracolo più grande: una costola uscirà dal Sacro Costato.
Uno dei Canonici raccolse la santa costola e, dopo averla riposta in un prezioso calice, la portò in processione all’interno di un reliquiario nella chiesa dove tuttora si conserva.
La figlia tredicenne di un oste, rimasta in cucina la sera dell’8 gennaio 1522, viene incaricata di andare a prendere qualcosa per la madre al piano superiore.
Lacrime e sangue
Avanzando casualmente verso un dipinto sulla parete, una Pietà che raffigurava Gesù, la Madonna Addolorata e San Giovanni piangente, vide che tutte e tre le immagini esalavano sangue vivo e copioso. La ragazzina esclama: “Mamma, mamma, correte! Venite a vedere che la Madonna, il Signore Gesù e S. Giovanni piangono lacrime di sangue!”.
Tutti accorrono e notano che dalle ferite di Gesù come dai suoi occhi e da quelli di Maria fuoriesce sangue vivo, mentre dagli occhi di San Giovanni evangelista delle lacrime turchine.
Il miracolo più grande della Pietà di Cannobio
Col passare delle ore, la piaga del costato del Signore Gesù divenne più gonfia, fino a che ne fuoriuscì una piccola costola, proporzionata alla grandezza di Gesù nel dipinto. La costola cadde al di fuori del quadro, su di una tovaglietta distesa lì sotto. Numerosi medici la osservano.
Verso le 21, uno dei Canonici della Collegiata raccolse la santa costola e dopo averla riposta in un prezioso calice la portò in processione all’interno della chiesa di San Vittore, dove tuttora si conserva all’interno di un artistico reliquiario argentato.
In altre occasioni si ripeté il prodigio della lacrimazione, come il 10 gennaio, quando tra la folla c’è anche il conte Federico Borromeo con due suoi fratelli, dei quali uno sarà vescovo. In un’altra occasione, il 28 febbraio, il corpo del Signore si manifesta tutto coperto di piaghe sanguinanti, come fosse appena flagellato.
La Curia Arcivescovile di Milano dopo solo diciassette giorni fa iniziare una meticolosa inchiesta con dieci testimoni, selezionati tra quanti hanno assistito al prodigio. Anche padre Agostino Gemelli nel 1922 analizzò la costa e le tracce di sangue, decretando che si trattasse di vero sangue.
La processione e la costruzione del Santuario
La “saletta” dove avvenne il prodigio divenne col tempo meta di così tanti pellegrinaggi che, nel 1526, diventò un santuario. Ad oggi la festa della Pietà di Cannobio continua ad essere molto sentita tra il popolo. Fin dalla sera del 7 gennaio, quando comincia la celebrazione solenne dei “lüminéri” e dopo avere spento le luci si cala la nuvola con il reliquiario, mentre il tenore intona l’Inno della Santissima Pietà e i fedeli si portano al presbiterio per il bacio della reliquia.
Prima della spettacolare processione per le vie e le piazze di Cannobio, tutte illuminate, per ritornare poi il giorno successivo, l’8 gennaio, nella Chiesa di San Vittore con un corteo solenne.
Inno alla SS.ma Pietà di Cannobio
O nostra viva gloria
Santissima Pietà
deh salga a Te del popolo
l’inno che non morrà
D’inesprimibil gaudio
s’accende e freme il cor
allor che il gran prodigio
rimembra del Signor.
Mirò la terra attonita;
il ciel ancor stupì;
sovra dipinta Immagine
Cristo il suo seno aprì!
Cadde la Costa carnea
sull’improvviso altar,
e di purpuree gocce
i drappi rosseggiar.
Il nuovo orror del Golgota
Giovanni contemplò,
e la dolente Vergine
commossa lacrimò.
Scendi propizio sangue,
che il Salvator ci diè:
l’umana colpa astergere
solo è concesso a te.
Per te, Costa Santissima
a Dio chiediam perdon;
apporta tu sui miseri
novella redenzion.
Un dì serbasti provvida
all’Italo confin
la fè, che guida i popoli
ad immortal destin;
Ed or l’errante illumina
che nega il sacro ver,
e rendi pura l’anima
che adora il tuo mister.
Cannobio, a te nei secoli
arriva la Pietà;
tesor a questo simile
giammai la terra avrà.
Leviam l’osanna fervido
al mite Redentor;
trionf con lo Spirito
l’eterno Genitor.
Pater, Ave, Gloria