Papa Francesco ribadisce anche oggi la condanna alla corruzione un mal vezzo ormai comune nelle nostre amministrazioni riprendendo una sua vecchia battaglia iniziata già nel lontano 2005.
“Non succeda che accettiamo lo stato di corruzione come fosse solo un peccato in più: peccatore sì, corrotto no”. Era il 2005 e monsignor Jorge Mario Bergoglio pronunciava queste parole, durante la conferenza episcopale in Argentina, senza sapere che un giorno sarebbe diventato Papa Francesco. La lotta alla corruzione è un tema che gli è sempre stato caro e che non ha affatto abbandonato dopo l’elezione a Pontefice. Anzi: la pubblicazione del libro “Guarire dalla corruzione” è una dichiarazione di impegno.
Il Santo Padre ammette che la corruzione è un male dilagante, capace di insidiarsi in ogni settore della società, anche quello che lui presiede. “Quando leggiamo sui giornali che questo è corrotto, quell’altro è corrotto, che ha fatto quell’atto di corruzione e che la tangente va di qua e di là e anche tante cose di alcuni prelati, come cristiani il nostro dovere è chiedere perdono per loro e che il Signore gli dia la grazia di pentirsi” ha detto durante l’omelia a Santa Marta lo scorso 17 giugno, “sono i poveri che pagano la festa dei corrotti. Il conto va a loro”.
Ecco le parole pronunciate oggi durante il discorso tenuto nella piazza Trieste e Trento di Scampia:
“Non dobbiamo rimanere zitti. Lo sfruttamento del lavoro va denunciato: alcune settimane fa è venuta da me una ragazza che aveva trovato un lavoro in una agenzia turistica. Lavorava 11 ore per 600 euro al mese senza nessun contributo. Questa è schiavitù”. Bergoglio viene spesso interrotto mentre parla, e giù applausi, urla, gente che si sbraccia. Poi si scaglia contro la corruzione. “E’ una parola che non si usa molto oggi. Se noi chiudiamo la porta ai migranti, per esempio, togliamo la dignità alla gente, questo si chiama corruzione. Così tutti noi abbiamo la possibilità di esser corrotti. E’ uno scivolare verso gli affari facili, verso la delinquenza, lo sfruttamento delle persone, i reati facili. La corruzione puzza, e la società corrotta puzza. E un crisitano che lascia entrare dentro sè la corruzione non è un cristiano, puzza”. A Napoli il Papa sembra sentirsi napoletano, confessa di amare il dialetto dolce e musicale e l’umanità. L’incoraggiamento alla gente di Scampia è di sentirsi parte del tutto, di lottare per la propria dignità, di credere nella buona politica. “Andare avanti nella pulizia della propria anima, la pulizia della città , della società. Basta con la puzza della corruzione”.
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