È successo due volte nell’arco di due giorni scarsi: una vita è stata salvata a caro prezzo, l’altra è appesa a un filo. Episodi come questi possono solo far riflettere sull’enorme piaga che segna il nostro tempo.
Il disagio giovanile nelle grandi città sta sfociando in gesti disperati sempre più numerosi. A Roma, ad esempio, le forze dell’ordine sono intervenute per sventare due suicidi (uno conclamato, l’altro probabile) in meno di quarantotto ore.
Ore di paura a Ponte Sant’Angelo
Il primo drammatico episodio si è verificato nella notte tra sabato 1 e domenica 2 luglio. Dopo le tre del mattino, un giovane di 18 anni, aveva scavalcato il parapetto del Ponte Sant’Angelo e si apprestava a gettarsi nel Tevere da un’altezza di 14 metri.
La polizia del commissariato Aurelio è intervenuta sul posto intorno alle 3:40, bloccando il giovane che gridava, minacciando il suicidio. Un istante dopo essersi gettato nel vuoto, il ragazzo è stato afferrato al volo per le braccia dagli agenti.
L’aspirante suicida è stato quindi soccorso dai sanitari del 118 e ricoverato poco dopo in codice rosso al vicino ospedale Santo Spirito. Secondo quanto riferisce il Corriere della Sera di Roma, due agenti sarebbero rimasti gravemente feriti, nell’atto di impedire la caduta nel vuoto del ragazzo.
La caldaia che (forse) ha salvato una vita
Sono stati invece i carabinieri, assieme a vigili del fuoco e 118, a soccorrere un altro diciottenne, caduto dal sesto piano di un palazzo in via Enea, nel quartiere Appio, facendo un volo di venti metri.
Il ragazzo, che, secondo le testimonianze, soffrirebbe di problemi psichici, si è salvato probabilmente grazie alla copertura della caldaia, che dovrebbe aver attutito l’impatto precipitante. Il tonfo ha gettato l’allarme tra i vicini di casa, che hanno così chiamato le forze dell’ordine.
Ora il giovane è ricoverato in prognosi riservata e in condizioni gravissime all’ospedale San Giovanni dell’Addolorata. I carabinieri stanno ora indagando sulle reali cause dell’episodio, per verificare se il giovane fosse assistito e se, in casa, vi fossero i genitori o altri parenti.
Potrebbe concretamente essersi trattato di tentato suicidio oppure, semplicemente di una perdita dell’equilibrio, fenomeno frequente tra i soggetti psicologicamente fragili, avvezzi all’uso di tranquillanti e farmaci vari.
Una società impotente
I casi di suicidio e tentato suicidio, tristemente, sono sempre più numerosi. Due categorie ne risultano vittime più delle altre: liberi professionisti e imprenditori da un lato, che con le crisi degli ultimi anni, hanno visto pregiudicata la loro capacità di competizione sul mercato, quindi di contare nella società; i giovani e gli adolescenti che stentano a trovare un senso nella loro vita.
Il ricorso alla preghiera e alla pratica religiosa, che un tempo salvava molte persone, oggi è rifiutato a priori da un gran numero di persone. Al tempo stesso, però, tutte le principali agenzie di socializzazione, dalla famiglia alla scuola sembrano impotenti di fronte a cambiamenti così radicali, cui molta gente fa fatica ad adattarsi. Anche la psichiatria e la psicologia, più che in passato, stentano a offrire soluzioni adeguate ai problemi odierni.
La cultura dell’indifferenza e dell’isolamento individualistico è la principale responsabile della deflagrazione di tanti gesti disperati. Per porre un freno al tragico fenomeno, la riscoperta del volto dell’altro e del suo valore, è la strada obbligata. I mezzi per percorrere tale cammino sono tanti: la fede rimane il più potente.