Se il 2016 è stato ancora una volta un anno tragicamente segnato da numerosi assalti terroristici, l’anno nuovo è iniziato in modo identico con gli attentati di Istanbul e Gerusalemme. Molto spesso sono proprio i cristiani gli obiettivi dei gruppi talebani fondamentalisti.
In questo contesto di terrore e di crescente ostilità si colloca la triste ma luminosa vicenda di un giovane cristiano pakistano, il ventenne Akash Bashir, che si è immolato il 23 marzo 2015 all’ingresso della parrocchia di San José de Youhanabad di Lahore, per impedire l’entrata ad un terrorista imbottito di esplosivo.
Le ultime parole di Akash, che fungeva da guardia di sicurezza volontaria, furono: «Morirò, ma non ti permetterò di entrare in questa chiesa». Il kamikaze si fece comunque esplodere, togliendosi la vita e togliendola al giovane Akash che, abbracciando il terrorista, ha fatto da scudo protettivo. Un gesto eroico ricordato dal padre del giovane nel gennaio di quest’anno. «Mio figlio era consapevole del sacrificio cui andava incontro. Diede la sua vita per salvarne molte altre che erano quel giorno a Messa in quella chiesa».
Dai resoconti di stampa si evince che il giovane cercò di far ragionare il terrorista, ma vanamente. Il terrorista-kamikaze è votato alla morte sua e degli altri. Il suo dio semina morte e distruzione, vuole uccidere la speranza di un mondo dove ognuno possa testimoniare il proprio credo religioso senza timore di essere assassinato o violentato. Un dio antico e terribile, un dio mostruoso, direi un diavolo che si avvale di una ideologia religiosa e di una lettura integralista del Corano.
Akash Bashir è un giovane martire cristiano. Il martire (dal greco μάρτυς, testimone) è colui che testimonia la propria fede, anche a costo della morte. Pur essendo un concetto presente in più religioni, è evidente che il martire cristiano non è affatto paragonabile ad un martire dell’islamismo fondamentalista ed eretico. Egli muore a mani nude, disarmato, senza opporre resistenza. Non risponde alla violenza con la violenza, ma con lo stesso atteggiamento del Cristo sulla croce: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno» (Lc 23, 34).
Fonte: UCCR