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Aborto: scempio sul cartellone Pro-vita. “Tolleranza” a senso unico

Sono stati imbrattati i manifesti anti-aborto contro la pillola RU486, affissi dall’associazione ProVita. Si è trattato di una vera e propria azione dimostrativa.

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Un attacco alla libertà di pensiero, verso quei gruppi che strenuamente manifestano per difendere la vita. Da giorni infatti si sono sollevate feroci proteste contro i cartelloni che esprimono nient’altro che un legittimo pensiero, quello a difesa della vita del nascituro, che purtroppo sembra essere diventato sempre più scomodo.

L’attacco dell’associazione femminista contro i manifesti pro-vita

A rivendicare l’attacco, l’associazione femminista NonUnaDiMeno. L’accusa verso i manifesti è quella di fare violenza sulle donne, che compierebbero a loro una avviso una scelta “personale, libera e tutelata dalla legge”. Di fatto, però, non è così, perché manca la difesa della vita del nascituro.

L’associazioni femminista e anti violenza sulla donna NonUnaDiMeno ha “rivendicato” il gesto accusando i manifesti di fare violenza sulle donne che soffrono per una scelta che non si discute perché personale, libera e tutelata dalla legge.

La volontà di mettere a tacere la libera espressione del pensiero

L’associazione ha chiesto al Comune di Genova di rimuovere i manifesti, oltre che di inserire nel regolamento comunale con le direttive europee che vietano campagne “discriminanti”. Ci si chiede, ma la tutela della vita sarebbe discriminante? E il bimbo che viene scartato come un oggetto, un “problema”, per il quale mandare un “sicario”, come dice Papa Francesco, non sarebbe soprattutto lui il discriminato?

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“Ancora una volta i cattofondamentalisti legati all’estrema destra Provita attaccano con violenza noi donne e la nostra autodeterminazione”, scrive NonUnaDiMeno, con un linguaggio piuttosto bellicoso.

Sarebbe diffamatorio e terroristico difendere la vita di un bambino?

“Con un manifesto dove appare una Biancaneve svenuta, servendosi del corpo di una donna, paragonano l’utilizzo della pillola abortiva #RU486 al veleno“, continua l’associazione. Affermando che “l’Organizzazione Mondiale della Sanità da anni dichiara che l’aborto farmacologico è sicuro e altamente consigliato”. E che per questo “la pillola abortiva viene sistematicamente utilizzata nella maggior parte degli ospedali italiani, anche per le interruzioni di gravidanza terapeutiche”.

Di conseguenza, a giudizio del movimento femminista, “l’AIFA dovrebbe denunciare questa campagna diffamatoria e terroristica, invece ci ritroviamo ancora una volta di fronte all’affissione di una campagna di disinformazione medico-scientifica e di attacco ai diritti delle donne vomitevole”. Per le autrici dell’offensiva, “il veleno è l’associazione Pro Vita che con le sue campagne di disinformazione pensa di poter dire ciò che vuole su aborto e contraccezione”.

Se la Ru486 è un farmaco, il bambino che nasce sarebbe una “malattia”

Secondo le autrici della protesta, inoltre: “il veleno è una percentuale di obiezione di coscienza che mediamente si attesta al 70% nel territorio nazionale, con picchi del 100% in alcuni ospedali. Il veleno è l’impossibilità di accedere liberamente a servizi sanitari adeguati a causa dei continui tagli alla sanità pubblica, a consultori depotenziati e assenti sui territori, e alla contraccezione”.

Il problema, purtroppo, è invece la mancanza di accettazione verso una libera campagna informativa da parte di chi ha un’opinione differente, e molto chiara sul tema dell’aborto. Insomma, il manifesto può piacere o meno, ma lì a impedire la libera manifestazione del pensiero ce ne corre. Visto e considerato che, fino a prova contraria, non viviamo in un regime totalitario.

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La libertà che all’atto pratico non viene tollerata dai “tolleranti”

Insomma, in Italia a parole tutti si dicono tolleranti e rispettosi della libertà del prossima. Ma di fronte al tema dell’aborto, come ha spiegato don Maurizio Patriciello dalle colonne di Avvenire, all’improvviso tutti diventano intolleranti. Basta pensare a Roberto Saviano, che come al solito ha colto l’occasione per inveire contro il manifesto, contro chi la pensa in quel modo, contro le istituzioni che lo “permettono”.

Non si capisce da quando il libero pensiero debba chiedere il “permesso” per essere tale. “Preso dalla foga, lo scrittore campano, non si è accorto di rasentare il ridicolo“, ha commentato don Patriciello, conterraneo di Saviano ma da anni in prima linea, nella strada e non dietro una penna, contro i veri problemi sociali di quel territorio.

Le parole del Manifesto parlano della triste realtà dell’aborto

Il manifesto recita: “Prenderesti mai del veleno? Stop alla pillola abortiva Ru486, mette a rischio la vita della donna e uccide il figlio in grembo”. Basterebbe ciò per farlo definire da Saviano “disgustoso” e “indegno, perché la pillola abortiva è un farmaco e non un veleno”. Poi parla di “oscurantismo”, “imbroglio”.  La verità è che ogni farmaco è un veleno, utilizzato per combattere una malattia. Secondo i sostenitori dell’aborto, di conseguenza, una vita che nasce sarebbe paragonabile a una “malattia”.

“Di certo, dai tempi di Ippocrate, se non prima, i farmaci vengono somministrati ai pazienti per curarli, non per mandarli a morte. E la gravidanza, per quanto inaspettata e indesiderata, tutto può essere tranne che una malattia“, commenta così il sacerdote. Saviano afferma anche che in Italia l’obiezione di coscienza nelle strutture pubbliche non consente l’erogazione di un servizio che è garantito per legge.

Don Maurizio Patriciello – photo web source

Le falsità dette intorno all’aborto e al manifesto pro-vita

Una vera falsità che lo scrittore spaccia per vera. Non esiste Regione italiana dove questo accade. Senza contare che l’obiezione di coscienza, spiega il sacerdote, è un “diritto umano basilare che non può essere negato”. La cosa più triste, però, è che tra i difesi dello scrittore di Gomorra non siano nemmeno contemplato il povero bimbo vittima dell’aborto.

“Colpisce che lo scrittore non abbia per il bambino abortito, non dico un sentimento di pietà, ma almeno una semplice parola”, scrive don Maurizio. “Niente di niente. E pensare che anche tu, Roberto, come tutti coloro che passeggiano e faticano sulla faccia della terra, sei passato per quella fase della vita. Permettimi di unirmi a te nel ringraziare i tuoi genitori per non averti gettato via“.

Diciamolo chiaramente: l’aborto è un dramma. Questa è la verità

La verità, infatti, è che se anche non tutti lo affermano, l’aborto è un vero dramma. Una tragedia, la più grande dell’umanità, sostenevano santi come Giovanni Paolo II o Madre Teresa di Calcutta. L’aborto è sempre una sconfitta, e tutte le parti in causa ne escono nel peggiore dei modi. La mamma, ma soprattutto il bimbo ucciso.

La disposizione del Ministro Speranza, che liberalizza la pillola dei 5 giorni dopo anche per le minorenni senza ricetta medica e senza il consenso dei genitori, è infatti una vera e propria vergogna del genere umano, che non dovrebbe essere possibile in un Paese civile come l’Italia. Tanti medici sono sconvolti da questa disposizione, tanti padri e madri di famiglia seriamente preoccupati.

Le gravi preoccupazioni intorno all’aborto libero per tutti

Di sapere, ad esempio, che una qualsiasi ragazzina, magari loro figlia, potrebbe fare uso di quella pillola non si sa quante volte senza che nessuno, nemmeno i genitori, lo venga mai a sapere. A ciò bisognerebbe sempre aggiungere il pensiero, chiaro, che il bambino che la donna porta in membro è un essere umano, proprio come ciascuno di noi.

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Se quindi sono tanti i motivi che spingono una donna ad abortire, anche molto diversi tra loro, la legge 194 invita a chiedersi come mettere in salvo madre e bambino. In quest’aspetto la legge è rimasta da sempre inapplicata. Sarebbe ora di riflettere seriamente su questo. 

Giovanni Bernardi

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Giovanni Bernardi

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