Francesco Acerbi si è consacrato come capitano della Lazio, il suo segreto? Bontà e determinazione, associate ad una dose costante di preghiere.
Per qualche anno il suo talento si è perso nei meandri della sua psiche, turbata dalla morte del padre e confusa dai fumi dell’alcol.
Francesco Acerbi: il buio dopo la morte del padre
La vita, sia privata che calcistica, di Francesco Acerbi è stata segnata da diverse tappe. Da ragazzo, educato dai genitori ad inseguire i propri obiettivi nel rispetto degli altri, era la giovane promessa del vivaio del Milan. Un sogno ad occhi aperti per un ragazzo di quell’età che si affacciava al mondo degli adulti e a quello del professionismo calcistico. Poi qualcosa è cambiato, d’improvviso il difensore della nazionale aveva perso gli stimoli per continuare ad andare avanti, la determinazione che l’aveva portato ad essere tra le più brillanti promesse del nostro calcio.
Come spesso accade in questi casi ad influire negativamente è stato un episodio difficile: “Mio padre mi ha trasmesso la tenacia e l’ambizione. Ho sempre avuto bisogno di un avversario per dare il massimo, l’ho idealizzato per molto tempo nella figura paterna. Dopo la morte di papà sono precipitato e ho toccato il fondo”. Dover accettare la scomparsa del padre ha minato le sue sicurezze e questo si rifletteva si sul campo da gioco che nella vita privata.
La malattia e la rinascita
In quel periodo il calciatore ha cercato di cancellare i dispiaceri con l’alcol: “Mi sono messo a bere e, mi creda, bevevo di tutto”. Una situazione dalla quale è riuscito ad uscire solo quando ha scoperto di essere malato: “Potrà sembrarle un paradosso terribile, ma mi ha salvato il cancro. Avevo di nuovo qualcosa contro cui lottare, un limite da oltrepassare. Come se mi toccasse vivere una seconda volta. E sono ritornato bambino. Sono riaffiorate immagini che avevo completamente dimenticato”.
Invece di lasciarsi abbattere dalla paura, Acerbi ha compreso l’importanza della vita ed ha lottato per poter continuare non solo a stare vicino ai suoi cari, ma anche per riconquistare quello che aveva perso durante il periodo buio. Con determinazione il calciatore ha sconfitto la malattia e successivamente ha dimostrato a tutti di poter essere uno dei calciatori più forti d’Italia. Adesso è il capitano di una Lazio che lotta punto a punto con la Juventus ed un titolare inamovibile della nazionale di Mancini. La fede in Dio ha avuto un ruolo determinante in questa battaglia e Francesco non smette mai di ringraziarlo: “Preghiere? Alla mattina e alla sera. Una preghiera personale in cui parlo con Dio, poi un Padre Nostro ed un Ave Maria”.
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Luca Scapatello