Un uomo buono, semplice, con gli occhi luminosi di chi ama il Signore con tutto il cuore. È Giuseppe Spadaro, un “santo della porta accanto” morto a causa di una forma aggressiva di SLA.
Una vita spesa all’insegna dell’amore per Dio e per gli ammalati, è quella di Giuseppe l’infermiere ucciso dalla stessa malattia di cui sono stati affetti le centinaia di pazienti che ha accudito nella sua carriera.
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In un mondo che vuole anticipare la morte di chi soffre la testimonianza di Giuseppe brilla luminosa più che mai.
La sua vita un dono per chi soffre
Giuseppe Spadaro è marito di Livia e padre dolce e tenero di quattro splendi figli. È un infermiere che lavora al San Luca di Milano, in un reparto tra i più delicati, quello in cui sono trattati i pazienti affetti da SLA, una delle malattie più feroci e subdole che conosciamo. Ha sempre svolto il suo lavoro con compassione. È un uomo di fede e in quei pazienti vede Gesù sofferente. Ha una parola buona per tutti, ammalati e familiari. Un anno e mazzo fa il Signore lo ha chiamato alla più dura delle prove: condividere quella terribile malattia.
La Sclerosi Laterale Amiotrofica è una malattia terribile perché attacca i neuroni che comandano i muscoli, che a uno a uno progressivamente e irreversibilmente si spengono. La persona a poco a poco si blocca ma resta cosciente fino all’ultimo. La mente resta sveglia e vigile imprigionata in un corpo che sta morendo, avvinto tra le spine di emozioni che vanno dall’imbarazzo, alla sofferenza, alla paura, fino al dolore per sentirsi spegnere e allontanarsi dalle persone amate.
Nell’ultimo anno e mezzo Giuseppe ha vissuto tutto questo nelle braccia di Gesù, ha camminato tenendo la sua mano stretta alla Sua. Si è sempre detto pazzo d’amore per la vita, ma allo stesso tempo d’amore per il Signore. In ogni attimo ha annunciato e testimoniato che la morte non è l’ultima parola, che qua sulla terra siamo di passaggio, che siamo fatti di cielo e lì dobbiamo tornare.
La malattia vissuta con fede
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Sogna la guarigione, fantastica su come sarebbe svegliarsi ed essere guarito, ma sa che non deve indugiare troppo in questi pensieri, è pronto a fare la volontà del Signore.
Il 18 gennaio alle 23 il Signore lo ha chiamato a sé. È stato circondato dall’affetto e dalla preghiera della sua famiglia, degli amici e di tutto il personale dell’ospedale. Era così stimato che ha lasciato questa terra avvolto dall’abbraccio dell’amore. È quello che Papa Francesco chiamerebbe: un santo della porta accanto. La testimonianza di Giuseppe illumina il cuore di chi è tribolato. Egli essendo infermiere sapeva benissimo a cosa lo avrebbe condotto la malattia, mai la disperazione ha preso il controllo del suo cuore e della sua anima. Ogni respiro è stato un’offerta al Signore. Anche lui ogni attimo ha detto il suo: “Eccomi Signore si compia in me la tua parola”.
Giuseppe ora contempla quel Signore che ha amato qua sulla terra. Da lassù continui ad essere marito e padre amoroso e intercedere per tutte le persone affette dalla SLA. E anche noi insieme con lui preghiamo il Signore affinché doni luce alle menti per trovare una cura per questa malattia, e nel frattempo ispiri tutte le persone coinvolte a non abbandonare gli ammalati anzi doni loro forza e perseveranza.