Forte la commozione per la morte di Sinisa Mihajlovic, grande campione di calcio prima di diventare allenatore. Ma anche un uomo di fede.
Il momento più bello della sua vita, ha raccontato lui stesso, è stato a Medjugorje, dove ha pianto sentendo una gioia interiore mai provata prima. Ha descritto papa Francesco come un «omo saggio, gentilissimo e anche simpatico con la battuta pronta».
Si è spento a 53 anni Sinisa Mihajlovic, inarrivabile campione che aveva intrapreso il difficile mestiere di allenatore dopo una carriera costellata di successi con le maglie di Roma, Sampdoria, Lazio e Inter. Nelle vesti di tecnico ha allenato invece Bologna, Fiorentina, Sampdoria, Milan e Torino.
Chiunque ami il calcio ricorda le traiettorie imparabili delle sue punizioni. Ma anche il carattere indomito di un uomo che in campo dava tutto per la squadra e per i compagni: un giocatore duro ma leale, grande professionista amato e apprezzato per il suo temperamento da tifosi e avversari.
Campione in campo e fuori
Aveva scoperto la malattia – una leucemia mieloide acuta – in maniera fortuita, nel 2019, mentre giocava a padel. Negli ultimi tempi le notizie parlavano di un peggioramento delle sue condizioni.
Nato in Crazia a Vukovar, ma cresciuto nella vicina Borovo, nel 1969, ai tempi della ex Jugoslavia, dopo gli esordi con la Vojvodina e la Stella Rossa, squadra con cui vinse la Coppa dei Campioni 1990-1991, passerà alla Roma e trascorrerà il resto della carriera in Italia dove nel 2005 sposerà Arianna Rapaccioni.
Mihajlovic, padre di sei figli, è stato un uomo dalla personalità schietta, forte e carismatica. Un leader in campo e fuori, senza paura di prendersi responsabilità o posizioni scomode.
Il legame con Medjugorje
Sinisa Mihajlovic era anche molto legato a Medjugorje, come ha raccontato nel 2020 a Famiglia Cristiana la figlia Viktorija: «Saremmo dovuti andare tutti insieme a Medjugorje in pellegrinaggio perché mio padre è legatissimo a quel luogo. Però ci tocca rimandare al prossimo anno».
Figlio di madre croata e di padre serbo, l’ex allenatore del Bologna era un cristiano ortodosso di fede sincera (anche se lui si diceva «metà ortodosso e metà cattolico»). «Non un praticante assiduo – aveva raccontato sempre la figlia – però è profondamente credente, prega soprattutto la sera prima di andare a dormire e al polso ha sempre il braccialetto di Medjugorje».
Una fede che suo padre, spiegava Viktorija, viveva «in maniera molto discreta e riservata». Il legame di Mihajlovic con Medjugorje nasce nel 2008, la prima volta che allenava il Bologna, al tempo del pellegrinaggio assieme a Paolo Brosio: «Mi ha detto che è stato un viaggio indimenticabile», racconta sempre la figlia. «Quando era lì piangeva senza un motivo apparente, era emozionatissimo anche se non riusciva a capirne il motivo. Mi ha detto di aver vissuto un’esperienza spirituale fortissima e per questo volevamo tornare tutti insieme quest’estate, purtroppo il virus ci ha costretto a bloccare tutto».
Il momento più bello della vita di un campione
In una intervista a Tuttosport sarà lui stesso a raccontare l’esperienza vissuta a Medjugorje: «In quel posto mi è successa una cosa che non mi era mai accaduta, non avevo mai provato. Quando sono arrivato là mi sono sentito di colpo come un bambino. Mi sono seduto su una panchina e sarei potuto stare così all’infinito, stavo benissimo. È stato il momento più bello della mia vita, ero beato! In quella circostanza ho pianto tre o quattro volte ma non so dire perché. Su quella panchina è come se mi fossi ripulito, come se avessi tolto una pietra dal cuore. Da lì ho iniziato a pregare. Solo che commettevo uno sbaglio, pregavo solo quando avevo bisogno, un po’ come tutti. Sono andato un po’ in conflitto, a volte Dio mi aiutava a volte no. Poi ho capito che bisogna pregare sempre, da prima della malattia prego due volte al giorno. Ma non bisogna dire ‘voglio, voglio…’, ma ‘grazie, grazie…’».
In più di una occasione – a luglio e a ottobre 2019 – i tifosi del Bologna sono saliti in pellegrinaggio sul colle della Guardia per chiedere alla Madonna di san Luca la guarigione del loro allenatore. Una esperienza toccante a cui partecipò anche la moglie del tecnico rossoblù.
Il rapporto con papa Francesco
Sinisa Mihajlovic, che affrontato con fede e coraggio anche la malattia, ammirava papa Francesco (che ha definito un «tuttocampista»), col quale aveva potuto confidarsi durante un incontro speciale durato tre ore. «E’ un uomo saggio, gentilissimo e anche simpatico con la battuta pronta», aveva detto di lui il campione. Che aveva aggiunto anche un simpatico aneddoto sull’incontro col papa: «Sono andato con mia moglie e sua madre e quando gliele ho presentate mi ha detto che mi dovrebbero fare santo subito visto che mi ero portato anche la suocera!».
I familiari hanno annunciato la notizia della sua morte con questo comunicato: «La moglie Arianna, con i figli Viktorija, Virginia, Miroslav, Dusan e Nikolas, la nipotina Violante, la mamma Vikyorija e il fratello Drazen, nel dolore comunicano la morte ingiusta e prematura del marito, padre, figlio e fratello esemplare, Sinisa Mihajlovic. Uomo unico professionista straordinario, disponibile e buono con tutti».
Ci uniamo al dolore della famiglia di Sinisa Mihajlovic nella preghiera per il loro caro, certi che il Signore lo avrà accolto nella luce.