Covid: ordine di non rianimare le persone fragili. Agghiacciante!

Un caso inquietante che è stato portato alla luce dopo la denuncia a tutela delle persone con disabilità e fragilità.

reparto covid
photo web source

L’associazione Mencap ha, infatti, portato alla pubblica attenzione una situazione riguardante i malati disabili cognitivi. In caso venissero infettati dal Coronavirus, potrebbero non esser sottoposti alla ventilazione meccanica.

Non curare i disabili: la sconcertante vicenda

Una storia davvero sconcertante riportata da Avvenire. Il Coronavirus sta, indistintamente, contagiando tutti: giovani e non, anziani, malati ricoverati nelle case di riposo e negli ospedali.

In Gran Bretagna però, c’è una situazione “diversa”. Secondo l’agenzia governativa per la Qualità del sistema sanitario, “nel Regno Unito ci sono state morti per Covid-19 che si sarebbero potute potenzialmente evitare. Se ci fosse stato un uso appropriato delle disposizioni sulla rianimazione”.

Ma cosa si intende per “uso appropriato”?

Un vero e proprio “ordine di non rianimare sarebbe stato applicato in maniera impropria oltre che agli anziani residenti nelle case di cura anche ai disabili cognitivi, come persone affette da autismo o sindrome di Down”.

A denunciare il tutto è stata l’associazione Mencap, tra le più attive nel mondo inglese sul fronte della disabilità. Ora, è proprio la stessa associazione a insistere perché il Governo inserisca i disabili cognitivi nelle categorie da vaccinare con priorità.

La denuncia da parte dell’associazione

Purtroppo, però, non siamo davanti a un qualcosa di nuovo. Durante il primo lockdown, sempre in Gran Bretagna, una comunicazione della direzione per la salute mentale (National health system) ribadiva, che le disabilità cognitive, seppure gravi, “non sono delle condizioni fatali e che, quindi, la valutazione dell’opportunità di rianimare chi ne è affetto non deve essere effettuata sulla base della cosiddetta «clinical fraility scale», la scala di fragilità che combina età e grado di malattie pregresse, ma su un’analisi individuale del caso” – scrivevano.

Una comunicazione, quasi come una doccia fredda, che arrivò dopo che alcune famiglie furono informate di medici di base sul fatto che “i loro congiunti disabili, se gravemente infettati dal Covid, sarebbero stati difficilmente sottoposti alla ventilazione meccanica (prevista nelle fasi più acute dell’infezione) perché considerati troppo fragili per poterla affrontare”.

Dai chiarimenti delle direzioni sanitarie, agli appelli a seguire le indicazioni dettate dal Ministero della Salute, sembra che gli ordini di non eseguire la rianimazione cardiopolmonare per i disabili cognitivi siano stati adottati a lungo, soprattutto nelle strutture residenziali dedicate a questi pazienti.

Il presidente dell’associazione Mencap parla di una “scioccante discriminazione, di un inaccettabile ostacolo alle cure per una fascia della popolazione di per sé già molto debole”. Secondo il rapporto del Ministero della salute inglese, i disabili cognitivi gravi tra i 18 e i 34 anni rischiano di morire di Covid 30 volte in più rispetto ai coetanei normodotati.

Negli ultimi dati pubblici, il 65% dei decessi registrati nella popolazione di disabili cognitivi è avvenuto, proprio, per Covid.

Chiedono al Governo una corsia preferenziale per la campagna vaccinale

Sulla base di questi dati, nasce l’esigenza dell’associazione di denunciare questa discriminazione e di chiedere al Governo una corsia preferenziale e una massiccia campagna di vaccinazione proprio per queste speciali categorie.

A livello nazionale, la priorità, al momento è solo per gli adulti affetti da sindrome di Down. In alcuni Comuni, però, si sta attuando un ritocco alle categorie di priorità. Questo per favorire tutti i cittadini affetti da deficit cognitivo, a prescindere dal grado di gravità, per poter accedere alla vaccinazione.

vaccino
photo web source

LEGGI ANCHE: Comunione: un bambino con disabilità mentale può riceverla?

Dal canto suo, il Primo Ministro Johnson, ha spiegato che quella denunciata dall’associazione “non è mai stata una pratica raccomandata e che, anzi, è stato fatto tutto il possibile per prevenirla”. Ma una commissione è stata incaricata per effettuare un’indagine a riguardo sui fatti denunciati.

ROSALIA GIGLIANO

Gestione cookie