La “Culla della vita” ha assolto finalmente alla sua funzione quando, martedì 8 agosto una giovane donna (tra i 25 ed i 30 anni) vi ha riposto con cura il piccolo Alessandro. Installata all’esterno del Policlinico Federico II di Napoli nel 2008, la culla della vita, una piccola saracinesca al cui interno c’è una culla riscaldata filmata h 24, non è stata mai utilizzata da nessuno per 9 anni. La culla è pensata per favorire l’anonimato di chi, per esigenze, è costretto a rinunciare alla tutela del proprio figlio. Grazie al servizio di monitoraggio, infatti, la culla permette ai genitori di sapere che il loro piccolo verrà non solo trovato ma accudito e successivamente affidato alle cure di una famiglia amorevole.
Stando al racconto di Francesco Raimondi, primario del reparto pediatrico neonatale del Policlinico Federico II, la donna ha riposto il piccolo nella culla, dopo di che ha atteso l’arrivo degli operatori dell’ambulanza per assicurarsi che il piccolo venisse accudito e quando questi sono arrivati ha spiegato loro la provenienza del bambino e detto loro il suo nome. Raimondi è eccitato nel raccontare questa storia, non solo perché è la prima volta che qualcuno usufruisce del servizio, ma anche perché il gesto della donna lo ha commosso: “Considero il comportamento di questa donna toccante aggiunge Raimondi perché un conto è lasciare un bambino in anonimato e andare via un altro verificare che sia in buone mani, raccontare, sebbene per sommi capi, la storia dell’abbandono e poi distaccarsi da quella piccola creatura appena nata. Un bambino peraltro bellissimo e già coccolato da tutto il personale del reparto. Come da prassi abbiamo avvisato il Tribunale dei minori che ha attinto le prime informazioni e a cui spetterà istruire le procedure di adottabilità”.
La giovane donna rumena ha detto che il piccolo era il figlio di un’amica che dopo averglielo affidato le ha dato il compito di lasciarlo alle cure dell’ospedale. Nessuno si è curato di indagare sulla veridicità della storia né sull’identità della donna, d’altronde si tratta di un servizio fornito a quei genitori indigenti che vogliono mantenere l’anonimato. Il dottor Raimondi sottolinea come il gesto della giovane si tratta di un passo in avanti, in Italia, infatti, nonostante esistano queste strutture e la legislazione sia all’avanguardia, i genitori che decidono di abbandonare i loro figli propendono ancora per delle soluzioni rischiose.
Per tal motivo sia il medico che tutti i membri del reparto erano eccitati il giorno dell’arrivo del piccolo Alessandro, il quale adesso, assicura il medico, è in perfetta salute: “Ci ha detto che la mamma lo aveva chiamato Alessandro e con questo nome abbiamo continuato a coccolarlo e vezzeggiarlo. I primi esami sanitari sono tutti regolari. Alessandro pesa 3,7 kili, è ben nutrito e sta benissimo” ha concluso Raimondi.