La foto qui sopra e il video che segue ritraggono Ali Mohammed Baqir al-Nimr, un ragazzo, imprigionato dalle autorità dell’Arabia Saudita, da quando aveva 17 anni; tenuto prigioniero e sotto tortura, in attesa che venga crocifisso!
Si, la crocifissione esiste ancora e Ali dovrà subirla, insieme alla decapitazione, perché il suo corpo venga esposto al popolo e questa impietosa azione serva da monito per i suoi connazionali.
Ali, forse, morirà e noi non possiamo accettare che avvenga, senza tentare il possibile.
La sua colpa è di aver manifestato contro il Re Salman bin Abdelaziz al Saud.
Nel 2011, Ali aveva attivamente partecipato alla Primavera araba, quella serie di proteste avviate contro i Governi oppressivi di molti Paesi africani e medio orientali.
Ali è uno sciita, il suo Re un sunnita. Ali fa parte, dunque, della fascia più moderata e ragionevole, nonché di minoranza, degli islamici, per questo si ribellava alle prepotenze dei potenti sunniti; per questo è stato arrestato, accusato di vari reati e condannato.
Uno dei reati di cui è imputato è la sommossa; un’accusa che richiama subito alla mente quella di Cristo (come quella di Barabba, che, invece, venne graziato).
E risulta inconcepibile, a noi cristiani occidentali che, dopo più di 2000 anni, ci siano dei Paesi in cui si pensi ancora plausibile un’azione tanto terribile come la crocifissione.
Le associazioni internazionali, tra cui l’ONU, Amnesty International e Reprive, come alcuni politici e personalità dello spettacolo, stanno, da tempo, chiedendo la liberazione di Ali o almeno la sua “non condanna a morte”.
Ricordiamo che, al momento dei fatti, lui era minorenne e la sua situazione viola le convenzioni internazionali.
Inoltre, si è a conoscenza del fatto che suo zio, lo Sceicco Nimr Baqr al-Nimr, un leader religioso della regione più ricca di petrolio della Nazione, fu arrestato per gli stessi motivi e già ucciso.
Ciò fa pensare che l’arresto del ragazzo sia dettato da ben altri pretesti, che non il semplice manifestare contro il proprio Re.
Noi possiamo pregare per lui, perché il Signore salvi questo ragazzo da una morte ingiusta e crudele, e aderire e diffondere le iniziative “Help us save Saudi juvenile #AliMohammedAlNimr from crucifixion”.
Ricordiamo anche che, tra il 1985 e il 2013, in Arabia Saudita più di 2000 persone hanno perso la vita, perché condannate a morte.
Antonella Sanicanti
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