La decisione che rientra in un piano oscuro e ben più ampio, messo in atto da parte delle istituzioni, in una direzione che va contro i cristiani e che deve allarmare fortemente tutti coloro che hanno cuore la pace e la fratellanza.
La scelta infatti segue ad altre analoghe sullo stesso tema, e verso il quale pian piano si sta vivendo una sorta di assuefazione generale.
Nonostante il Paese viva una profonda crisi economica, il governo ha investito molti soldi nella restaurazione della chiesa di Santa Sofia, ad Edirne, in Turchia, che dal 1956 era un Museo. Già una volta era stata convertita in moschea, e dopo gli ultimi restauri lo stesso edificio è stato riaperto al culto islamico. Casualmente, proprio nella vigilia di Natale.
Una scelta che fa il paio con la politica del governo Erdogan, intenzionata a rimettere al centro il culto islamico ai fini del desiderio di rinstaurare una sorta di nuovo Impero Ottomano. In un’area del mondo che era tuttavia caratterizzata da una forte presenza cristiana.
Per questo restauro sono stati stanziati ben 15 milioni e 500 mila lire turche, pari a circa 1 milione e 116 mila euro. La chiesa, trasformata in museo per volontà delle autorità kemaliste nel 1956, ora verrà invece chiamata Cami-i-serifi.
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Per mettere in atto questa decisione, si è utilizzata la stessa procedura della conversione della basilica di Santa Sofia ad Istanbul e della Chiesa di San Salvatore in Chora, tutte chiese ortodosso convertite nel periodo ottomano e poi diventate museo sotto la guida di Kemal Ataturk, fautore della rivoluzione laica nel Paese.
Santa Sofia di Edirne sebbene abbia una storia più recente delle altre due, fu convertita in moschea nel 1456, quando vi vennero aggiunti anche un mihrab, un pulpito e un minareto. Un terremoto nel 1965 aveva reso la struttura fatiscente, così nel 2015 si iniziò la ristrutturazione, giunta fino ad oggi.
Ci si chiede quindi se il governo turco abbia veramente l’intenzione di distruggere la storia che rappresenta la propria terra per instaurare una nuova dittatura aggressiva, e se per farlo abbia intenzione di andare contro ai cristiani, ai loro luoghi di culto e alla loro libertà.
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Non è infatti di certo questo che le religioni dovrebbero perseguire, come ha spiegato più volte Papa Francesco, ad esempio nella sua enciclica Fratelli tutti ma anche sul documento documento di Abu Dhabi sulla “Fratellanza umana. Per la pace mondiale e la convivenza comune”, firmato il 4 febbraio 2019 con i leader musulmani. Ancora meno, dovrebbero farlo i governi che pretendono di parlare in nome delle religioni.
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