Papa Francesco ha affermato in un tweet: “Dio non ti ama perché ti comporti bene”. Le reazioni negative dimostrano la diffusa concezione errata della fede.
“Dio non ti ama perché ti comporti bene; ti ama e basta. Il suo amore è incondizionato, non dipende da te”, ha scritto Papa Francesco pochi giorni fa. L’affermazione è facilmente comprensibile. L’amore che Nostro Signore ci dona è gratuito, e precede sempre ogni nostra azione o decisione.
Non siamo noi che decidiamo se il Signore ci ama o no. Sarebbe altrimenti una pretesa un tantino megalomane, se pensassimo di influenzare l’amore di Dio nei nostri confronti. La verità cristiana lo afferma da sempre, e Gesù, che è Dio fatto uomo, ce l’ha dimostrato con la sua morte in croce, amando gli uomini fin oltre la più grande delle ingiustizie.
L’unico problema, questo sì che merita una sottolineatura importante, è l’errata concezione della fede che troppo spesso i cristiani hanno. Un fatto culturale oltre che personale. Che le risposte arrabbiate sotto il post del Pontefice dimostrano con grande limpidezza. Molti utenti infatti, sedicenti cristiani forse più per auto-convinzione che per testimonianza di vita, si sono precipitati a commentare negativamente le parole di Francesco.
“Scusi ma allora se faccio del bene o del male è la stessa cosa? Che incentivo ho a fare del bene?”, scrive un utente. “Mi spieghi il significato di queste parole pronunciate da Gesù: «Neanche io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». Avrebbe potuto dire va’ e pecca quanto ti pare!”, scrive il secondo. “Quindi se uccidessi una persona mi amerebbe con la stessa intensità di uno che va sempre in chiesa a pregare”?, chiede un terzo.
Insomma, un tempo si diceva di “non insegnare la Messa al prete”, invece oggi si vorrebbe insegnare la fede al Papa! La risposta a tutte queste reazioni negative la si potrebbe ritrovare in un post scritto tempo fa sempre dal Papa. “Il Signore non può entrare nei cuori duri e ideologici. Il Signore entra nei cuori che sono simili al Suo: cuori aperti e compassionevoli“.
L’errore che tanti fedeli fanno, in sostanza, è quello di credere che l’amore di Dio sia una sorta di compenso per le nostre buone azioni. Se siamo bravi e buoni, ci meritiamo l’amore di Dio, altrimenti niente da fare…. Dio ci odierebbe. Questa sì che è una bestemmia! Che mette in luce la concezione troppo spesso infantile e immatura, quasi da prima elementare, che si ha del cristianesimo.
Una versione simile al rapporto delle maestre delle scuole elementari con i propri bimbi: se fai bene questo o quello, se ti comporti bene, allora ti meriti in premio una bella caramella. Oppure del proprietario di una fabbrica con gli operai: se lavori tanto, vedrai che avrai una promozione. Ma è molto difficile pensare che sia davvero questo lo stile di Dio.
Pensiamo ad esempio, tra le altre che affrontano questo argomento, alla parabola dei lavoratori della vigna (Matteo 20,1-16). “Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna (…) Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama gli operai e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi.
(…) Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te. Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono? Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi“.
La logica cristiana infatti è diversa da quella del mondo. Non si riceve l’amore di Dio solo a certe condizioni. L’amore di Dio non ha condizioni. Non si tratta di una logica meritocratica: Dio ti ama prima di ogni cosa, perfino prima che ne possiamo avere consapevolezza. Altrimenti si tratterebbe di una morale non cristiana, ma mondana e utilitaristica.
Il bene che noi diamo in cambio al Signore, per ringraziarlo del Suo amore, è a sua volta un bene gratuito, che sorge in maniera spontanea dal cuore che da questo stesso amore viene colmato. In caso contrario, si tratterebbe di qualcosa di molto più simile a un obbligo, a un rapporto di lavoro, a una coercizione in cui alla base non è presente la libertà umana. Insomma, un impegno piuttosto che il fine ultimo della vita, quello stesso fine che cioè permette alla vita stessa di avere sapore e di essere vissuta con pienezza.
Eppure, troppo spesso i cristiani scambiano il cristianesimo con una morale, una serie di precetti da applicare o meno alla propria vita, una lista di cose da fare o da non fare, slegati dal contesto di amore in cui vengono compiute e grazie a cui, se arriveremo in fondo, ci guadagneremo il Paradiso. La realtà è che l’amore di Dio non viene mai meno nella propria vita. Nemmeno, e questo non è semplice da accettare o comprendere, se commettessimo il peggiore dei crimini. In quel caso, a sanzionarlo ci penserà la giustizia terrena.
Si tratta dello stesso amore che un genitore prova per un figlio. Questi continuerà ad amarlo qualunque cosa accada. Ma il fatto che i genitori amino il proprio figlio o figlia senza limite non significa che i secondi sono autorizzati a fare ciò che vogliono. Anzi, devono aspettarsi anche duri rimproveri. Che ci chiamano, stavolta sì, ad essere coerenti e giusti nelle nostre azioni.
Ma se c’è una causa che provoca il male, è proprio la mancanza di amore. E sarà proprio questo amore a risollevare l’uomo o la donna che compiono il male. Tutto sta nella nostra domanda. Per questo, quando preghiamo, domandiamo con intensità e profondità che il Signore ci doni il Suo amore, e che questo possa manifestarsi nel profondo della nostra anima e nella concretezza della nostra vita, alla luce del sole.
Possiamo stare certi che non ne rimarremo delusi. E saremo noi, a quel punto, a nostra volta, a farlo fruttificare con la fede e con le opere.
Giovanni Bernardi
Fonte Vino Nuovo
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