Risponde padre Filippo Belli, docente di Sacra Scrittura
La risposta è molto semplice: l’arcangelo Uriel ha solo un difetto, quello di non essere citato nei testi canonici della Sacra Scrittura, ragione per la quale non risulta nella celebrazione liturgica della Chiesa Cattolica. In effetti essa ha ritenuto il nome di solo quegli angeli che espressamente sono citati come tali e con i loro nomi dai testi biblici. Ricordiamo quindi Michele (chi è come Dio?) che compare nella Bibbia sia nell’AT che nel NT. In Daniele 10,13.21 e 12,1 e poi nella lettera di Giuda, versetto 9 e in Apocalisse 12,7. Dai testi si evince la sua grande importanza, ed è in particolare il grande oppositore del diavolo, da cui la devozione particolare che gli è tributata. Il secondo è Gabriele (forza di Dio) che è incaricato da Dio per spiegare le visioni a Daniele (8,16 e 9,21) e in seguito nel NT di dare l’annuncio della nascita di Giovanni Battista a suo padre Zaccaria (Lc 1,19) e di Gesù stesso a Maria (Lc 1,26). Infine abbiamo Raffaele (medicina di Dio) che troviamo solo nel libro di Tobia (9 volte però) che accompagna le vicende travagliate con esito felice di Tobia stesso. Di lui però non si fa menzione nel NT.
Il nostro lettore tuttavia non si inganna nel ritenere che gli arcangeli siano quattro, o almeno secondo una consolidata tradizione apocrifa ebraica. Nel Libro di Enoc (nella sua versione etiopica) al capitolo 9 sono citati i nomi di quattro angeli: Michele, Uriel, Raffaele e Gabriele. Ma al capitolo 20 diventano sei in questo ordine: Uriel, Raffaele, Raguel, Michele, Sariel e Gabriele, ognuno con un suo ufficio. In una seconda sezione dello scritto il veggente apprende il nome degli angeli che stanno ai quattro lati del Signore: Michele, Raffaele, Gabriele e Phanuel. Phanuel quindi o è un altro nome di Uriel, oppure un settimo arcangelo.
Uriel (che significa Luce di Dio) compare anche nel IV Libro di Esdra come l’angelo mandato da Dio per rispondere a tutte le domande di Esdra. Egli inoltre è identificato nei vari scritti apocrifi come uno dei cherubini posti a controllo del paradiso terrestre (Gen 3,24), oppure con l’angelo che lotta contro Giacobbe (Gen 24), o ancora colui che controlla le porte degli israeliti in Egitto nella strage degli figli primogeniti (Es 12,13). Sono tutti casi nei quali si è voluto identificare in qualche modo l’iniziativa di Dio dando un nome significativo all’angelo preposto inviato o che “rappresenta” il Signore stesso.
La Chiesa cattolica, senza reprimere necessariamente queste tradizioni, si è vista costretta però nei secoli (soprattutto nel Medioevo) ad arginare la fantasia e l’improprio uso – fino alla chiara superstizione se non occultismo e satanismo – di queste tradizioni, prescrivendo il culto e la venerazione dei soli tre arcangeli citati espressamente dalla Bibbia. Questo conferma la grande regola della Chiesa Cattolica che tutte le singole tradizioni vanno vagliate e verificate nel confronto e accordo con l’attestazione privilegiata della divina Rivelazione che è la Sacra Scrittura canonica.
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