Il Papa ci svela di cosa ha bisogno l’amore vero. In questo mondo di relazioni evanescenti, lo stile di Gesù ci insegna moltissimo.
La giornata di oggi è intensa. Il Vangelo racconta di una guarigione miracolosa, è la Giornata di preghiera per gli ammalati ed è festa per la canonizzazione della prima Santa argentina.
Il Vangelo di oggi ci presenta la guarigione di un lebbroso. Al malato che lo implora Gesù risponde con una frase semplicissima: lo voglio sii guarito.
Lo stile di Gesù è quello di sempre, dice poche parole, ma associa sempre alle parole fatti concreti nei confronti di chi soffre. Parla poco fa seguire le azioni, si china, prende per mano, risana. Nel suo atteggiamento non c’è mai pietismo o sentimentalismi ma solo il pudore delicato di chi ascolta e agisce senza dare nell’ occhio. Questo è un modo meraviglioso di amare, sobrio, non a parole ma con opere generose nell’agire, efficaci nel soccorrere perché disposte ad ascoltare. Vicinanza, compassione e tenerezza, questo è lo stile di Dio che ci insegna molto. Questa concretezza è più importante oggi più che mai, in un mondo come il nostro dove si fa strada un’evanescenza delle relazioni, più virtuali che reali. L’amore ha bisogno di concretezza, di presenza e incontro, tempo e spazio, non tanto di parole distanti lasciate magari attraverso messaggini frettolosi. Il messaggino è importante ma se è associato alla presenza, al fermarsi accanto a chi soffre, all’ora diventa gesto concreto di fratellanza. L’amore chiede la presenza concreta.
Lo slogano per la Giornata dell’ammalato di quest’anno è: “Non è bene che l’uomo sia solo”. Il passo della genesi è stato scelto per sottolineare come proprio nel momento della sofferenza l’uomo ha bisogno di presenze sollecite e amorevoli. Il Papa con rammarico ricorda che nella nostra società chi non sta bene, chi non è produttivo, è scartato, è messo ai margini.
Chi è malato non solo soffre nel corpo e nell’anima ma soffre quando si sente un peso per i suoi familiari e per la società. Ma questa non è la verità. Gesù soffre nel corpo della persona ammalata. Anche chi è agli sgoccioli della vita ha ancora tanto da dare, la saggezza della loro vita, la testimonianza della loro fede. Anche la loro paura non è qualcosa da nascondere ma una realtà da accompagnare con amore.
Maria Antonia di San Giuseppe de Paz y Figueroa, nota al popolo col semplice ma affettuoso Mama Antula, oggi è Santa. Il primo Papa Argentino canonizza la prima santa Argentina. Una donna attenta agli ultimi e ai poveri. È vissuta alla fine del Settecento, in un periodo in cui i Gesuiti erano stati soppressi, eppure lei ha avuto il coraggio di predicare gli esercizi ignaziani alla gente più semplice per farli innamorare di Gesù. Papa Francesco ha sottolineato come la sua testimonianza sia forte oggi che viviamo la cultura dello scarto, dove “l’individualismo radicale è il virus più difficile da sconfiggere. Un virus che inganna. Ci fa credere che tutto consiste nel dare briglia sciolta alle proprie ambizioni”, ha affermato.
Mama Antula ha vissuto sempre l’essenza della santità che consiste nell’abbandonarsi fiducioso a Dio nella gioia ma ancora di più nelle avversità. Una donna dall’alto spessore spirituale. Una roccia nella preghiera, innamorata dell’Eucarestia. In ogni suo gesto ha sempre cercato solo di aiutare le persone a scoprire la bellezza di Gesù. Non si è mai persa d’animo neanche nei momenti di aridità personale. Una vera ispirazione per tutti noi.
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