Nell’Angelus di oggi papa Francesco ha ricordato l’esempio di Santo Stefano, testimone sublime della volontà di perdono universale di Dio.
Nel giorno del protomartire Stefano, papa Francesco ha incentrato il primo Angelus dopo il Natale sulla figura del primo cristiano ucciso in odium fidei. Il racconto del martirio di Santo Stefano – per lapidazione – si trova negli Atti degli Apostoli.
Il racconto del Nuovo Testamento ce lo presenta come colui che, sull’esempio di Gesù, “prega per i suoi uccisori”, ci ricorda il Papa. Un fatto che deve farci riflettere, fa notare Francesco. A prima vista infatti Stefano “sembra subire impotente una violenza”.
In verità il primo martire ad aver versato il suo sangue per Cristo è emblema della vera libertà: “L’uomo veramente libero – dice Francesco – continua ad amare anche i suoi uccisori e ad offrire la sua vita per loro”.
Esattamente come Gesù, anche Stefano offre la sua vita affinché i suoi persecutori si pentano e, una volta perdonati, possano avere in dono la vita eterna. In questo modo il diacono Stefano ci appare “come testimone di quel Dio che ha un solo un grande desiderio: che tutti gli uomini siano salvati”.
Papa Francesco: Santo Stefano come testimone del Dio che perdona sempre e perdona tutto
Offrendo la sua vita Stefano è un testimone privilegiato della universale volontà salvifica di Dio, del suo desiderio che nessuno vada perduto. Dio infatti è “Padre”, sottolinea Francesco, “che vuole il bene e solo il bene” di tutti i suoi figli. Dio è padre nel senso più nobile del termine. Egli infatti “non esclude nessuno” e non si stanca mai di cercare i propri figli quando, dopo essersi allontanati, tornano pentiti a Lui.
Francesco lo sottolinea con forza: “Il Padre non si stanca di perdonare”. E invita a ricordare che “Dio perdona sempre e Dio perdona tutto”. Anche oggi in diverse parti del mondo, ci ricorda Francesco, uomini e donne sono perseguitati come Stefano per la causa del Vangelo di Cristo, a volte fino alla morte. E come lui “non si lasciano uccidere per debolezza né per difendere un’ideologia, ma per rendere tutti partecipi del dono di salvezza”.
Il martirio cristiano non ha nulla della debolezza. I martiri donano la loro vita “in primo luogo per il bene dei loro uccisori e pregano per loro”. Francesco ricorda a questo proposito l’esempio bellissimo del Beato Christian de Chergé, ucciso in Algeria insieme ad altri sei monaci trappisti nel maggio 1996, che chiamò il suo uccisore “amico dell’ultimo minuto”.
Come di consueto Francesco si è poi rivolto a tutti per porre una serie di domande e sollecitare un esame di coscienza. “Sento il desiderio che tutti conoscano Dio e che tutti si salvino? So vedere il bene anche di chi mi fa soffrire? Mi interesso e prego per tanti fratelli e sorelle perseguitati a causa della fede?”.
Il Papa infine ha chiesto l’aiuto di Maria Regina dei Martiri per essere “testimoni coraggiosi del Vangelo per la salvezza del mondo”. Dopo la recita della preghiera mariana Francesco ha voluto ricordare come ieri sia iniziata la festa delle luci (“Hanukkah”) celebrata dagli Ebrei, da lui salutati con affetto.
Il pontefice ha anche ricordato di aver aperto in mattinata la prima porta santa, dopo quella di San Pietro, nel carcere romano di Rebibbia. Spazio anche per la campagna “Trasformare il debito in speranza” promossa da Caritas Internazionale. Infine, dopo un forte appello al disarmo (“Basta colonizzare i Paesi con le armi”) , il papa ha pregato per le tante guerre in corso, a cominciare da quella che vede coinvolta la “martoriata Ucraina”.