Papa Francesco all’Angelus, esorta alla preghiera per una situazione particolare in cui la Chiesa sta soffrendo terribilmente.
L’immagine della “porta stretta” potrebbe “spaventarci” e suggerirci l’idea che la “salvezza” sia “destinata solo a pochi eletti o ai perfetti”. Così si è espresso papa Francesco, meditando il Vangelo di oggi (Lc 13,22-30), durante l’Angelus.
La porta è Lui…
La metafora del passo evangelico odierno “contraddice quanto Gesù ha insegnato in molte occasioni”, come quando, nello stesso Vangelo, afferma che tanti «Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio» (v. 29).
Si tratta, quindi, di una porta, sì, stretta ma “aperta a tutti”. Gesù si riferisce probabilmente all’usanza del tempo, per cui “quando arrivava la sera, le porte della città venivano chiuse e ne restava aperta una sola, più piccola e più stretta: per rientrare a casa si poteva passare solo di lì”.
Al tempo stesso, Gesù definisce se stesso la “porta”, per la quale chi passa sarà “salvato”. Per salvarsi, è necessario “passare attraverso di Lui, accogliere Lui e la sua Parola”.
La porta, ha quindi spiegato il Santo Padre, è stretta “non perché sia destinata a pochi, ma perché essere di Gesù significa seguirlo, impegnare la vita nell’amore, nel servizio e nel dono di sé come ha fatto Lui, che è passato per la porta stretta della croce”.
Guai a coloro che si credono già salvati!
“Entrare nel progetto di vita che Dio ci propone – ha proseguito il Pontefice – chiede di restringere lo spazio dell’egoismo, di ridurre la presunzione dell’autosufficienza, di abbassare le alture della superbia e dell’orgoglio, di superare la pigrizia per attraversare il rischio dell’amore, anche quando comporta la croce”.
Un amore e una croce che incontriamo nei “genitori che si dedicano ai figli facendo sacrifici e rinunciando al tempo per sé stessi”, come pure in “chi si spende al servizio degli anziani, dei più poveri e dei più fragili”. Lo stesso atteggiamento, ha osservato il Papa, caratterizza “chi va avanti a lavorare con impegno, sopportando disagi e magari incomprensioni” e anche “chi soffre a motivo della fede, ma continua a pregare e ad amare”.
Questi ultimi sono soltanto alcuni esempi di persone che non scelgono “la porta larga del proprio comodo, ma la porta stretta di Gesù, di una vita spesa nell’amore”. Costoro si distinguono da “quelli che si credono già salvati e, in realtà, sono «operatori di ingiustizia» (Lc 13,27)”.
Quello di oggi è un Vangelo che ci pone davanti a un bivio: “Preferiamo la strada facile del pensare solo a noi stessi o la porta stretta del Vangelo, che mette in crisi i nostri egoismi ma ci rende capaci di accogliere la vera vita che viene da Dio e ci fa felici?”.
Due popoli in croce
Dopo la recita dell’Angelus, Francesco ha richiamato l’attenzione sulle tensioni in Nicaragua, di cui la Chiesa Cattolica sta facendo le spese: ultimo grave episodio è stato l’arresto del vescovo Rolando José Álvarez, arrestato ieri dalla polizia governativa.
“Seguo da vicino con preoccupazione e dolore la situazione creatasi in Nicaragua che coinvolge persone e istituzioni”, ha detto Bergoglio, esprimendo la “convinzione” e l’“auspicio” che, “per mezzo di un dialogo aperto e sincero si possano ancora trovare le basi per una convivenza rispettosa e pacifica”.
Il Santo Padre ha chiesto quindi preghiera per il popolo nicaraguense, ricordando poi, ancora una volta, “il caro popolo ucraino che sta vivendo un’immane crudeltà”.