Il Pontefice all’Angelus di oggi ha espresso la sua preoccupazione per una situazione di emergenza che si sta sempre di più manifestando nel nostro paese
Si è trattato del primo Angelus “in presenza”, con qualche centinaio di pellegrini giunti in piazza San Pietro, dopo le settimane di lockdown.
Guarire i malati: una missione per tutti
Il passo evangelico mostra “la guarigione, da parte di Gesù, della suocera di Pietro e poi di tanti altri malati e sofferenti che si stringono a Lui”. Quando Gesù si avvicina alla donna e la fa “alzare prendendola per mano” (v. 31), in questo gesto mostra “tanta dolcezza”, che “sembra quasi naturale”.
Poco dopo, “la febbre la lasciò ed ella li serviva”. Grazie al “potere risanante di Gesù”, la suocera di Pietro “riprende la sua vita normale, pensando subito agli altri e non a sé stessa”. Questo atteggiamento, ha osservato il Santo Padre, “è significativo” ed “è segno di vera ‘salute’”.
Di seguito, al tramonto di quel sabato, concluso l’obbligo del riposo, la gente del villaggio “esce e porta da Gesù tutti i malati e gli indemoniati”. Gesù, quindi, “non li ha voluti solo spettatori della sua missione”. Li ha anche “coinvolti, li ha inviati, ha dato anche a loro il potere di guarire i malati e scacciare i demoni”.
La cura del sofferente non è “qualcosa di accessorio”
Per la Chiesa, prendersi cura dei malati, ha ricordato il Pontefice, non è un’“attività opzionale”, né “qualcosa di accessorio”. Al contrario, è “parte integrante della sua missione, come lo era di quella di Gesù: portare la tenerezza di Dio all’umanità sofferente”.
La Giornata Mondiale del Malato, che celebreremo l’11 febbraio, è un’occasione per ricordarci di questa missione. “La realtà che stiamo vivendo in tutto il mondo a causa della pandemia rende particolarmente attuale questo messaggio”, ha sottolineato il Papa. Anche la prima lettura di oggi, riportando la vicenda di Giobbe “si fa interprete della nostra condizione umana, così alta nella dignità e nello stesso tempo così fragile”.
La domanda dell’uomo di fronte al dolore è sempre un “perché”. “A questo interrogativo Gesù, Verbo Incarnato – ha commentato Francesco –. risponde non con una spiegazione, ma con una presenza d’amore”. La stessa presenza “che si china, che prende per mano e fa rialzare, come ha fatto con la suocera di Pietro. Il Figlio di Dio manifesta la sua Signoria non ‘dall’alto in basso’, non a distanza, ma nella vicinanza, nella tenerezza, nella compassione”, ha detto Bergoglio, in conclusione della catechesi.
Appelli per il Myanmar e i bambini migranti non accompagnati
Dopo la recita della preghiera mariana, il Santo Padre si è soffermato sul dramma del Myanmar, senato da un nuovo colpo di stato militare. Esprimendo “viva preoccupazione” per quanto sta avvenendo nel paese asiatico, il Pontefice ha manifestato “vicinanza spirituale, preghiera e solidarietà per il popolo del Myanmar”.
Il Papa ha quindi richiamato l’attenzione sui “minori migranti non accompagnati”. Essi ha detto, “sono tanti […], senza la famiglia ed esposti a molti pericoli”. Sottolineando in particolare la situazione creatasi lungo la “rotta balcanica”, Francesco ha lanciato il suo appello: “Facciamo in modo che a queste creature fragili e indifese non manchino la doverosa cura e i canali umanitari preferenziali”.
L’Italia e l’inverno demografico
In occasione della Giornata per la Vita, che si celebra oggi, il Santo Padre si è unito ai vescovi italiani “nel ricordare che la libertà è il grande dono che dio ci ha dato per ricercare e raggiungere il bene proprio e deli altri a partire dal bene proprio della vita. La nostra società va aiutata a guarire da tutti li attentati contro la vita, perché sia tutelata in ogni sua fase”.
Cogliendo lo spunto offerto dalla Giornata per la Vita, il Pontefice ha espresso la sua “preoccupazione” per “l’inverno demografico italiano”. Nel nostro Paese, ha ricordato, “le nascite sono calate” e “il futuro è in pericolo”. L’auspicio, ha concluso, è “che questo inverno demografico finisca e fiorisca una nuova primavera di bambini e bambine”.
Luca Marcolivio