Affacciandosi assieme a due ragazzi portoghesi, Francesco ha concluso l’Angelus, esortando i giovani di tutto il mondo a partecipare al grande raduno che li rivedrà insieme dopo tanto tempo.
Soltanto il pubblicano “si eleva a Dio”, perché “con umiltà scende nella verità di sé stesso e si presenta così com’è, senza maschere, con le sue povertà”. Con queste parole, il Santo Padre ha introdotto il Vangelo odierno (Lc 18,9-14), ispirato al celebre episodio del pubblicano al Tempio.
Tutta la lettura è incentrata sui verbi “salire” e “scendere”. Il primo verbo accomuna l’“uomo religioso” (il fariseo) e il “peccatore conclamato”, che salgono al tempio a pregare (cfr v.10).
Del resto, ha osservato il Pontefice, anche Abramo salì sul monte “per offrire il sacrificio”, mentre Mosè salì sul Sinai per ricevere le tavole della legge. Gesù, infine, sale sul Tabor per essere trasfigurato.
L’atto della salita, dunque, implica un “bisogno del cuore di staccarsi da una vita piatta per andare incontro al Signore; di elevarsi dalle pianure del nostro io per salire verso Dio; di raccogliere quanto viviamo a valle per portarlo al cospetto del Signore”.
È proprio questa elevazione che sottintende un altro movimento: la discesa “dentro di noi” per “coltivare la sincerità e l’umiltà del cuore, che ci donano uno sguardo onesto sulle nostre fragilità e povertà”.
È nell’“umiltà”, infatti, che “diventiamo capaci di portare a Dio, senza finzioni, ciò che siamo, i limiti e le ferite, i peccati e le miserie che ci appesantiscono il cuore, e di invocare la sua misericordia perché ci risani, ci guarisca e ci rialzi”. Più si scende “con umiltà, più Dio ci fa salire in alto”, ha sottolineato il Papa.
Mentre il pubblicano è sceso, chiedendo perdono, e “il Signore lo rialza”, il fariseo “si esalta, sicuro di sé, convinto di essere a posto”, inizia “a lodarsi, a elencare tutte le sue buone opere religiose, e disprezza gli altri”.
La “superbia spirituale” induce quindi a ritenersi “per bene” e a “giudicare gli altri”, al punto che “senza accorgerti, adori il tuo io e cancelli il tuo Dio”.
L’esame di coscienza proposto dal Pontefice è stato il seguente: verificare se in noi stessi “come nel fariseo, c’è «l’intima presunzione di essere giusti» (v. 9) che ci porta a disprezzare gli altri”.
Ciò accade quando, ad esempio, “ricerchiamo i complimenti e facciamo sempre l’elenco dei nostri meriti e delle nostre buone opere, quando ci preoccupiamo dell’apparire anziché dell’essere, quando ci lasciamo intrappolare dal narcisismo e dall’esibizionismo”.
È importante, allora, guardarsi da tali comportamenti “fondati sulla vanagloria, che portano anche noi cristiani, noi preti, noi vescovi ad avere sempre la parola “io” sulle labbra: “io ho fatto questo, io ho scritto quest’altro, io l’avevo detto, io l’avevo capito”, e così via. Dove c’è troppo io, c’è poco Dio”, ha aggiunto Francesco a conclusione della meditazione.
Dopo la recita dell’Angelus, il Santo Padre ha ricordato la celebrazione odierna della Giornata Missionaria Mondiale, quest’anno sul tema Di me sarete testimoni. Si tratta, di “un’occasione importante per risvegliare in tutti i battezzati il desiderio di partecipare alla missione universale della Chiesa, mediante la testimonianza e l’annuncio del Vangelo”, ha detto, invitando a pregare per i missionari e a sostenerli concretamente.
Subito dopo, sono apparsi accanto al Pontefice due giovani portoghesi – un ragazzo e una ragazza – porgendogli un tablet per l’iscrizione alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù, in programma a Lisbona dall’1 al 6 agosto 2023.
Papa Francesco è stato così il primo pellegrino ad iscriversi sotto lo sguardo di milioni persone in mondovisione. Poco dopo ha invitato i due ragazzi a fare altrettanto dallo stesso tablet.
“Cari giovani – ha dichiarato – vi invito a iscrivervi a questo incontro per cui, dopo un lungo periodo di lontananza, ritroveremo la gioia dell’abbraccio fraterno tra i popoli e tra le generazioni di cui abbiamo tanto bisogno”.
Il Papa ha quindi ricordato della beatificazione, avvenuta stamattina a Madrid, di Vincenzo Nicasio Renuncio Toribio e undici compagni, martiri durante la guerra civile spagnola.
“L’esempio di questi testimoni di Cristo fino all’effusione del sangue – ha detto – ci spinga ad essere coerenti, coraggiosi. La loro intercessione sostenga quanti faticano oggi per seminare il Vangelo nel mondo”.
“Con trepidazione”, Francesco segue “la persistente situazione di conflitto in Etiopia”. A riguardo ha lanciato un appello alla pace e alla riconciliazione.
A conclusione dell’Angelus, Bergoglio ha espresso dolore per “le inondazioni che stanno colpendo vari paesi dell’Africa e che hanno provocato morte e distruzione”. Pregando per le vittime e per gli sfollati, ha auspicato “un maggior impegno comune per prevenire queste calamità”.
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