C’è una figura, nelle Sacre Scritture, che più di altre, ci aiuta a capire cosa vuol dire imitare Gesù Cristo. In questo importante momento liturgico, Francesco ne ha fatto menzione.
L’Ottava di Natale è un tempo di celebrazione di “alcune figure drammatiche di Santi martiri”. Lo ha ricordato papa Francesco durante l’Angelus odierno, ricordando Santo Stefano, che si celebra oggi, e i Santi Innocenti (28 dicembre), “i bambini fatti uccidere dal re Erode per paura che Gesù gli togliesse il trono (cfr Mt 2,1-18)”.
Sappiamo testimoniare come i primi martiri?
È come se, ha detto il Santo Padre, la liturgia volesse “allontanarci dal mondo di luci, pranzi e regali in cui in questi giorni potremmo un po’ adagiarci”.
Infatti, “il Natale non è la fiaba della nascita di un re, ma la venuta del Salvatore, che ci libera dal male prendendo su di sé il nostro male: l’egoismo, il peccato, la morte”.
I martiri sono, in assoluto, le persone “più simili” a Gesù. La stessa parola “martire” vuol dire “testimone”: parliamo di “fratelli e sorelle i quali, attraverso le loro vite, ci mostrano Gesù, che ha vinto il male con la misericordia”.
Anche al giorno d’oggi “i martiri sono numerosi”, ha ricordato il Pontefice, domandando: “Noi, lo testimoniamo? E come possiamo migliorare in questo?”. In primo luogo, ha spiegato, si può prendere esempio proprio da Santo Stefano.
Gli Atti degli Apostoli affermano che Stefano era “uno dei sette diaconi che la comunità di Gerusalemme aveva consacrato per il servizio delle mense, per la carità (cfr 6,1-6)”.
Stefano era quindi un uomo, la cui “prima testimonianza non l’ha data a parole, ma attraverso l’amore con cui serviva i più bisognosi”. Tuttavia, “Stefano non si limitava a quest’opera di assistenza” ma, a chiunque incontrava, “parlava di Gesù: condivideva la fede alla luce della Parola di Dio e dell’insegnamento degli Apostoli (cfr At 7,1-53.56)”.
È la capacità di perdonare che svela la carità
La seconda dimensione della testimonianza di Santo Stefano è quindi quella della “testimonianza: accogliere la Parola e comunicarne la bellezza, raccontare come l’incontro con Gesù cambia la vita”.
Il Santo “non si è lasciato intimidire nemmeno dalle minacce dei persecutori, neanche quando ha visto che le cose per lui si mettevano male”. Stefano “ha saputo unire la carità e l’annuncio”, dando l’esempio “in punto di morte, quando sull’esempio di Gesù ha perdonato i suoi uccisori (cfr v. 60; Lc 23,34)”.
Rispondendo alla domanda precedente, il Papa ha quindi spiegato: “noi possiamo migliorare la nostra testimonianza attraverso la carità verso i fratelli, la fedeltà alla Parola di Dio e il perdono”.
È soprattutto la capacità di perdonare che svela “se davvero pratichiamo la carità verso gli altri e se viviamo la Parola di Gesù”. Il “per-dono” – lo indica la parola stessa – è “un dono più grande”, che “facciamo agli altri perché siamo di Gesù, perdonati da Lui”.
“Pensiamo alla nostra capacità di perdonare – ha aggiunto Francesco – in questi giorni nei quali magari incontriamo, tra le tante, alcune persone con cui non siamo andati d’accordo, che ci hanno ferito, con le quali non abbiamo mai ricucito i rapporti”.
“Chiediamo a Gesù appena nato – ha poi concluso Bergoglio – la novità di un cuore capace di perdonare: la forza di pregare per chi ci ha fatto del male e di fare dei passi di apertura e di riconciliazione. Maria, Regina dei martiri, ci aiuti a crescere nella carità, nell’amore per la Parola e nel perdono”.
Pace e gratitudine per tutti
Prima di congedarsi, nel “clima spirituale di gioia e di serenità del Santo Natale”, il Santo Padre ha rinnovato il proprio “augurio di pace, pace nelle famiglie, pace nelle comunità parrocchiali e religiose. Pace nei movimenti e nelle associazioni. Pace per le popolazioni tormentate dalla guerra”.
Sottolineando la presenza in piazza San Pietro di “tante bandiere dell’Ucraina”, il Pontefice ha chiesto ancora una volta “pace per questo popolo martoriato”.
Il Papa ha infine espresso gratitudine per i “tanti messaggi augurali” ricevuti in questi giorni, rallegrandosi in modo particolare “per il dono della preghiera”.