Qual è il bene più grande da non perdere mai? La stabilità? La ricchezza? Il Potere? La salute? Agli occhi del mondo conta tutto questo, ma per il credente?
La liturgia di oggi è una calorosa esortazione a non avere mai paura, a non lasciarsi mai sopraffare dalla disperazione nei momenti difficili. Ma come è possibile? Ce lo spiega il Santo Padre
Il pensiero del Papa oggi va alle donne morte in carcere in Honduras, alla famiglia di Emanuela Orlandi e al martoriato popolo ucraino. Per tutti l’invito a non avere mai paura.
Il bene più grande da preservare
Sole e tanto caldo oggi in Piazza San Pietro, ma ciò che riscalda di più il cuore dei tanti fedeli accorsi all’Angelus è il sorriso accogliente di Papa Francesco. Si incupisce solo quando ricorda le 46 donne morte in carcere per una rivolta in Honduras giorni fa, la giovane Emanuela Orlandi scomparsa 40 anni fa e il dolore della sua famiglia, la mamma in particolare come tutte le famiglie che soffrono per aver perso una persona amata. Non manca il pensiero per il martoriato popolo ucraino. Tanto dolore trova risposta nella triplice esortazione di Gesù nel Vangelo di oggi a non avere mai paura. Si sta rivolgendo ai discepoli, e in loro a tutti i credenti. Poco prima gli ha annunciato che avrebbero sofferto persecuzioni a causa del Vangelo, ma nonostante queste non occorre mai perdersi d’animo. Mai avere paura delle critiche, di perdere vantaggi o ruoli. Ciò che si deve temere veramente è buttare via la propria vita, inseguire cose di poco conto e perdere di vista l’essenziale. Per una famiglia questo significa non lasciarsi assorbire dal lavoro ma trovare il tempo per le relazioni. Per i consacrati, invece significa spendersi per il servizio ma non trascurare i momenti di intimità col Signore. Solo così non si butterà via la propria vita e non si avrà mai paura.
La speranza cristiana è la forza del possibile
Si può ben dire che il grande tema di riflessione oggi è la speranza. Quante volte abbiamo sentito da Papa Francesco: “Non lasciatevi rubare la speranza”. Effettivamente tra le mille contraddizioni di ogni giorno, difficoltà, inciampi, ostacoli, possiamo sentire cadere le braccia. Mal riflessione di oggi è un monito a restare ancorati a Dio sempre e in ogni circostanza. Non è solo umano ottimismo, o superficiale convinzione che comunque le cose si aggiustano. Il cristiano sa che «tutto concorre al bene di coloro che amano Dio» (Rm 8,39), anche se in questo momento non vedo o non sento questo bene. La speranza nel cristiano è forza che suscita la testimonianza e la fedeltà operativa. Tutt’altro che motivo di facile disimpegno, è fonte di azione: «Noi ci affatichiamo e lottiamo perché speriamo nel Dio vivente» (1 Tm 4,10). Aggrapparsi a Dio è la «forza del possibile», la carica di liberazione e di senso per la fedeltà più attiva e oblativa: «Quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi» (Is 40,31).
Tutto questo suggerisce il coraggio di futuro, perché Dio si è fatto futuro per noi in Gesù. Dio è la grande speranza che fonda e dà orizzonte vero a tutte le piccole speranze, di cui pure abbiamo bisogno.
Non dimentichiamo mai l’esortazione che rivolge san Pietro, ricordandoci che siamo chiamati a «rispondere a chiunque domanda ragione della speranza che è in noi» (1Pt 3,15).