Le parole pronunciate dal Santo Padre durante l’Angelus come sempre arrivano dirette al cuore, oggi il suo appello è rivolto ai sacerdoti
La prima è quella del lebbroso che si avvicina a Gesù, l’altra è quella di Gesù stesso, che, “mosso a compassione, lo tocca per guarirlo”.
Due risvolti che, si comprendono nel contesto giudaico dell’epoca, per cui i “lebbrosi erano considerati impuri” e, per Legge, “dovevano rimanere fuori dal centro abitato”.
Il vero messaggio di questa lettura, comunque, è in Dio che, “si è fatto vicino alla nostra vita, ha compassione per le sorti dell’umanità ferita e viene ad abbattere ogni barriera che ci impedisce di vivere la relazione con Lui, con gli altri e con noi stessi”. Emerge così lo “stile di Dio”, fatto di “vicinanza”, “compassione” e “tenerezza”.
In Gesù, il lebbroso vede l’“altro volto di Dio”, non il “Dio che castiga” ma “il Padre della compassione e dell’amore, che ci libera dal peccato e mai ci esclude dalla sua misericordia”. Toccando il lebbroso, Gesù ‘trasgredisce’ la legge terrena ma lo fa per “stabilire una relazione, entrare in comunione, coinvolgersi nella vita dell’altro fino a condividerne anche le ferite”. Gesù non è “indifferente”, né si pone a “distanza di sicurezza”.
Traendo spunto dal Vangelo di oggi, il Santo Padre ha richiamato l’attenzione sui “tanti nostri fratelli”, la cui malattia è associata a un “pregiudizio sociale”. Di fronte alla loro esclusione, Gesù rivela che “Dio non è un’idea o una dottrina astratta, ma Colui che si “contamina” con la nostra umanità ferita e non ha paura di venire a contatto con le nostre piaghe”.
Un esempio di pregiudizio sconfitto è stato indicato dal Papa nell’episodio di Gesù che si lascia profumare i piedi dalla Maddalena. Per questo gesto, Gesù stesso viene rimproverato dai commensali ma Lui non se ne cura, ringrazia la donna e le dice: “Sono perdonati i tuoi peccati”. In questo atteggiamento, ha detto Francesco, c’è tutta la “tenerezza di Gesù”.
“Per rispettare le regole della buona reputazione e delle consuetudini sociali – ha osservato il Pontefice – noi spesso mettiamo a tacere il dolore o indossiamo delle maschere che lo camuffano. Per far quadrare i calcoli dei nostri egoismi o le leggi interiori delle nostre paure, non ci coinvolgiamo troppo nelle sofferenze degli altri”.
Il Vangelo di oggi, dunque, ci dà la grazia di vivere queste due “trasgressioni”: quella del lebbroso, per smettere di “commiserarci”, “uscire dal nostro isolamento” e presentarci a Gesù “così come siamo”. C’è poi la trasgressione di Gesù, con il suo “amore che fa andare oltre le convenzioni, che fa superare i pregiudizi e la paura di mescolarci con la vita dell’altro”.
Durante la meditazione, il Santo Padre ha anche chiesto un applauso per i tanti “bravi sacerdoti” che hanno il “dono di attirare” al confessionale “tanta gente che si sente ‘al pavimento’ per i propri peccati”. Sacerdoti che sanno ascoltare e comprendere, senza stare “con la frusta in mano”.
Dopo la recita della preghiera mariana, il Pontefice ha ribadito il suo encomio a tutti coloro “che collaborano con favore all’impegno per i migranti”. In particolare, ha elogiato i vescovi della Colombia per aver “implementato lo statuto della migrazione temporanea” per i profughi dal vicino Venezuela. Un gesto coraggioso, ha detto il Papa, perché non arriva da “un paese ricco” ma da un paese “con tanti problemi” e con “quasi 70 anni di guerriglia alle spalle”.
Luca Marcolivio
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