La proclamazione di un nuovo beato, ha spinto Francesco ha chiedere la sua intercessione per una terra che, da troppi anni, a più riprese, soffre di conflitti di varia natura.
Oltre che per il Libano, il Santo Padre ha pregato per altre terre in estrema difficoltà, a causa di guerre, profughi, fame e disastri naturali.
Nel Vangelo odierno, dopo il miracolo dei pani e dei pesci, Gesù invita le folle che lo cercano a “riflettere su ciò che è accaduto” e a “comprenderne il senso“. In quell’occasione, i discepoli “avevano mangiato quel cibo condiviso e avevano potuto vedere come, pur con le poche risorse, con la generosità e il coraggio di un ragazzo che aveva messo a disposizione degli altri ciò che aveva, tutti si erano sfamati a sazietà“.
Gesù non è un “prestigiatore”
“Il segno era chiaro“, ha osservato il Pontefice, “se ciascuno donna agli altri ciò che ha con l’aiuto di Dio e anche con poco, tutti possono avere qualcosa“. Se quindi qualcuno “dona agli altri ciò che ha, con l’aiuto di Dio, anche con un poco, tutti possono avere qualcosa“. Purtroppo, i discepoli “non hanno capito” il miracolo accaduto e “hanno scambiato Gesù per una specie di prestigiatore“, tornando a cercarlo, nella speranza che “ripetesse il prodigio come se fosse una magia“.
In altre parole, l’attenzione dei discepoli “si è concentrata solo sui pani e sui pesci, sul cibo materiale che è finito subito. Non si sono accorti che quello era solo uno strumento attraverso cui il Padre, mentre saziava la loro fame, rivelava loro qualcosa di molto più importante“, ovvero “la via della vita che dura per sempre, il gusto del pane che sazia oltre ogni misura“.
“Il vero pane, insomma“, ha proseguito il Papa, “era ed è Gesù, suo Figlio amato, fatto uomo, venuto a condividere la nostra povertà per guidarci attraverso di essa, la gioia della comunione piena con Dio e con i fratelli“.
La vera eredità e quella falsa
“Le cose materiali non riempiono la vita“, sebbene ci aiutino “ad andare avanti“: “solo l’amore lo può fare e perché ciò accada, la strada da imboccare è quella della carità, che non tiene nulla per sé, ma condivide tutto. La carità condivide tutto“, ma purtroppo non sempre ciò succede “nelle nostre famiglie“, ha sottolineato Francesco, lodando “quei genitori che faticano tutta la vita per crescere bene i figli e lasciare loro qualcosa per il futuro”
E’ bello quando “questo messaggio è compreso e i figli sono grati e a loro volta diventano solidali tra loro come fratelli“. E’ invece triste “quando litigano per l’eredità“, quando si ritrovano “in lotta l’uno contro l’altro e magari non si parlano più“, anche “per anni“. “Il messaggio del papà e della mamma, il loro lascito più prezioso, non sono i soldi” ma “l’amore con cui donano ai figli tutto quello che hanno, proprio come fa Dio con noi, e così ci insegnano ad amare“.
Il Santo Padre ha dunque suggerito il seguente esame di coscienza: “io che rapporto ho con le cose materiali? Ne sono schiavo? Oppure le uso con libertà, come strumenti per donare ricevere l’amore? So dire grazie, grazie a Dio e ai fratelli per i doni ricevuti? E so condividere con gli altri?“.
Libano e tutto il Medio Oriente nel cuore del Papa
Dopo la recita della preghiera mariana, il Pontefice ha ricordato la beatificazione del patriarca libanese Stefano Douayhy (1630-1704), avvenuta venerdì scorso a Beirut. Il nuovo beato, ha commentato il Papa, “guidò con saggezza la Chiesa maronita dal 1670 al 1704, In un’epoca difficile, segnata anche da persecuzioni. Maestro di fede e pastore sollecito, fu testimone di speranza, sempre accanto alla gente“.
“Anche oggi il popolo libanese“, ha proseguito il vescovo di Roma, “soffre tanto, in particolare penso alle famiglie delle vittime dell’esplosione del porto di Beirut“, avvenuta 4 anni fa, per la quale ha auspicato “si faccia presto giustizia e verità. Il nuovo Beato“, ha aggiunto Bergoglio, “sostenga la fede e la speranza della Chiesa in Libano e interceda per questo amato Paese“.
Seguendo “con preoccupazione quanto sta accadendo in Medio Oriente“, il Santo Padre ha espresso l’augurio che “il conflitto terribilmente sanguinoso e violento non si estenda ancora di più“. Ha quindi espresso una preghiera “per tutte le vittime, in particolare per i bambini innocenti” e “vicinanza alla comunità drusa in Terrasanta e alle popolazioni in Palestina, Israele, Libano“.
Ulteriori preghiere sono state chieste per il Myanmar, per Gaza, per la liberazione degli ostaggi nella Striscia e per l’invio di aiuti umanitari. “Gli attacchi, anche quelli mirati e le uccisioni, non possono mai essere una soluzione, non aiutano a percorrere il cammino della giustizia, il cammino della pace ma generano ancora più odio, vendetta“. “Basta, fratelli e sorelle, Basta! Non soffocate la Parola di Dio della pace“, ha esortato Francesco, “ma lasciate che essa sia frutto della Terra Santa, del Medio Oriente, del mondo intero“.
I parroci, santi sconosciuti di tutti i giorni
“Tanta preoccupazione” è stata espressa “per il Venezuela che sta vivendo una situazione critica“. Il Santo Padre ha rivolto “un accorato appello a tutte le parti a cercare la verità e ad esercitare moderazione, ad evitare ogni tipo di violenza, a comporre i contenziosi con il dialogo“. A tale scopo, ha affidato il Paese latinoamericano “all’intercessione di Nostra Signora di Coromoto, tanto amata e venerata dai venezuelani“.
In conclusione, una manifestazione di solidarietà per le vittime della frana a Kerala, in India, poi, in occasione della memoria odierna del Santo Curato d’Ars, il Pontefice ha espresso la propria “vicinanza” e “gratitudine” a “tutti quei parroci che con cielo e generosità, talvolta, fra tante sofferenze si consumano per il Dio e il popolo“. Per questi ultimi ha invocato l’applauso della folla dei fedeli, giunta a recitare l’Angelus in piazza San Pietro, nonostante il gran caldo.