Il primo fondamentale aspetto che deve avere ogni buon missionario è il verbo di Gesù nel cuore esattamente come i 12 apostoli che nella loro opera evangelizzatrice non portavano la propria parola ma semplicemente il messaggio del Messia: “Non è un’iniziativa dei singoli fedeli né dei gruppi e nemmeno delle grandi aggregazioni, ma è la missione della Chiesa inseparabilmente unita al suo Signore. Nessun cristiano annuncia il Vangelo ‘in proprio’, ma solo inviato dalla Chiesa che ha ricevuto il mandato da Cristo stesso. È proprio il Battesimo che ci rende missionari. Un battezzato che non sente il bisogno di annunciare il Vangelo, di annunciare Gesù, non è un buon cristiano”.
Essere parte della Chiesa e portatori del messaggio di Dio non può però scindersi dall’essere umili sia di pensiero che di modi: gli apostoli, infatti, erano tutte persone di origine umile e dotati solamente delle proprie gambe per portare il messaggio, allo stesso modo alcuni dei più grandi santi della storia della Chiesa hanno fatto dell’umiltà uno strumento fondante della loro opera. Infatti parlando di loro il Santo Padre spiega: “Il Maestro li vuole liberi e leggeri, senza appoggi e senza favori, sicuri solo dell’amore di Lui che li invia, forti solo della sua parola che vanno ad annunciare. Il bastone e i sandali sono la dotazione dei pellegrini, perché tali sono i messaggeri del regno di Dio, non manager onnipotenti, non funzionari inamovibili, non divi in tournée”.
Avere queste caratteristiche, però, non è garanzia di successo, anzi molti dei missionari sperimenteranno il fallimento, lo stesso esperito da nostro signore quando ha portato il messaggio e questo è stato la causa della sua crocifissione. Esattamente come Gesù, il missionario deve sapere che il fallimento è una tappa fondamentale della propria missione e solo se dopo il fallimento resterà unito a Dio potrà finalmente evangelizzare.
Luca Scapatello
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