Francesco richiama nuovamente l’attenzione sul conflitto in corso e rievoca la sua visita ai bambini feriti durante la fuga dalle bombe.
I fatti tragici menzionati nel Vangelo di oggi suscitano interrogativi “sempre attuali”, in particolare, riguardo al modo in cui Dio interviene nella nostra quotidianità.
Pandemie e guerre sono una punizione di Dio?
“Quando la cronaca nera ci opprime e ci sentiamo impotenti dinanzi al male, spesso viene da chiedersi: si tratta forse di un castigo di Dio?”. È la domanda sollevata da papa Francesco durante l’Angelus.
Il passo evangelico odierno riporta di “diciotto persone morte sotto il crollo di una torre” e di “alcuni Galilei che Pilato aveva fatto uccidere (cfr Lc 13,1)”.
Sorgono allora ulteriori domande: è Dio “a mandare una guerra o una pandemia per punirci dei nostri peccati? E perché il Signore non interviene?”.
Il Santo Padre ha esortato a stare attenti: “Quando il male ci opprime rischiamo di perdere lucidità e, per trovare una risposta facile a quanto non riusciamo a spiegarci, finiamo per incolpare Dio”.
Come il fico infruttuoso
A Dio spesso gli uomini attribuiscono la responsabilità per le “disgrazie e le sventure del mondo”, quando Lui, in realtà, “non interviene mai imponendosi, solo proponendosi”. Proprio Dio “non usa mai violenza e, anzi, soffre per noi e con noi”.
Gesù contesta questa forma mentis, così diffusa anche oggi, e spiega che le vittime della torre crollata non sono né “più colpevoli di altre” né tantomeno “vittime di un Dio spietato e vendicativo, che non esiste!”.
Da Dio “non può mai venire il male perché Egli «non ci tratta secondo i nostri peccati» (Sal 103,10), ma secondo la sua misericordia”. Non è Dio ma “il peccato che produce la morte; sono i nostri egoismi a lacerare le relazioni; sono le nostre scelte sbagliate e violente a scatenare il male”, ha spiegato il Pontefice.
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Gesù però ci invita alla conversione dal male, alla rinuncia “a quel peccato che ci seduce”, per aprirci alla “logica del Vangelo”, perché “dove regnano l’amore e la fraternità, il male non ha più potere”.
Sapendo che “tante volte ricadiamo negli stessi errori e negli stessi peccati” e siamo presi da scoraggiamento, Gesù racconta in una parabola della “pazienza di Dio verso di noi”. Il fico che “non porta frutti nel tempo stabilito” non viene tagliato ma “gli si concede altro tempo, un’altra possibilità”.
Analogo è l’atteggiamento del Signore, che “non ci taglia fuori dal suo amore, non si perde d’animo, non si stanca di ridarci fiducia con tenerezza”. Dio “non vede i risultati che non hai ancora raggiunto, ma i frutti che potrai ancora portare; non tiene il conto delle tue mancanze, ma incoraggia le tue possibilità; non si sofferma sul tuo passato, ma scommette con fiducia sul tuo futuro”.
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Ucraina: una guerra “sacrilega”
Al termine dell’Angelus, un nuovo appello per la pace in Ucraina, dove continua a perpetrarsi un “massacro insensato”, tra “scempi e atrocità”. “Non c’è giustificazione per questo”, ha detto Francesco, supplicando “tutti gli attori della comunità internazionale perché si impegnino davvero nel far cessare questa guerra ripugnante”.
Bergoglio ha ricordato la sua commovente visita ai bambini feriti in guerra e ora ricoverati a Roma. “A uno gli manca un braccio”, un altro è “ferito alla testa”, ha sottolineato. “Tanti bambini e persone fragili – ha aggiunto – restano a morire sotto le bombe senza ricevere aiuto e senza trovare sicurezza nemmeno nei rifugi antiaerei”.
Tutti questi orrori, ha proseguito il Santo Padre è una “crudeltà disumana e sacrilega”, in primo luogo perché “va contro la sacralità della vita umana”, in particolare della “vita umana indifesa che va rispettata e protetta, non eliminata”.
“Mi consola sapere che alla popolazione rimasta sotto le bombe non manca la vicinanza dei pastori che in questi giorni tragici stanno vivendo il Vangelo della carità e della fraternità”, ha detto il Pontefice, ringraziandoli per la loro testimonianza e citando in modo particolare il nuovo nunzio apostolico in Ucraina, Visvaldas Kulbokas, “che dall’inizio della guerra è rimasto a Kiev”.
In conclusione, il Papa ha esortato a non smettere di accogliere “con generosità” i profughi “non solo ora nell’emergenza ma anche nei mesi e nelle settimane che verranno” e a proteggerli dagli “avvoltoi della società” che potranno approfittarsi di loro.
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