Celebrando la Messa a Matera, al termine dell’atteso evento ecclesiastico nazionale, Francesco mette il dito in una delle più gravi piaghe del Paese.
In quella che è popolarmente chiamata “città del pane”, papa Francesco ha celebrato la conclusione del XVII Congresso Nazionale Eucaristico Nazionale italiano.
Presso lo stadio comunale XXI Settembre di Matera, il Santo Padre ha presieduto la messa, concelebrata assieme – tra gli altri – dal cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, e da monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo, arcivescovo di Matera-Irsina.
Durante l’omelia, il Pontefice ha fatto riferimento al Vangelo odierno, in cui il ricco non condivide il cibo con Lazzaro che, pieno di piaghe, bussa alla sua porta: “Non sempre sulla tavola del mondo il pane è condiviso; non sempre emana il profumo della comunione; non sempre è spezzato nella giustizia”. Eppure, ha aggiunto il Papa, “l’Eucaristia ci ricorda il primato di Dio”.
Il “ricco” della parabola è definito con il solo aggettivo “perché ormai ha perduto il suo nome, la sua identità è data solo dai beni che possiede; nella sua vita non c’è posto per Dio perché egli adora solo sé stesso”.
“Com’è triste anche oggi questa realtà – ha commentato Francesco – quando confondiamo quello che siamo con quello che abbiamo, quando giudichiamo le persone dalla ricchezza che hanno, dai titoli che esibiscono, dai ruoli che ricoprono o dalla marca del vestito che indossano”. Si diventa così schiavi di una “religione dell’avere e dell’apparire, che spesso domina la scena di questo mondo, ma alla fine ci lascia a mani vuote”.
Lazzaro, al contrario, “pur nella sua condizione di povertà e di emarginazione” conserva integra “la sua dignità perché vive nella relazione con Dio. Nel suo stesso nome c’è qualcosa di Dio e Dio è la speranza incrollabile della sua vita”.
L’Eucaristia, allora, mette in campo una “sfida permanente” per la nostra vita: “adorare Dio e non sé stessi. Mettere Lui al centro e non la vanità del proprio io”. Altrimenti, moriremmo “nell’asfissia del nostro piccolo io”.
Quando, invece, “adoriamo il Signore Gesù presente nell’Eucaristia, riceviamo uno sguardo nuovo anche sulla nostra vita”. In primo luogo, “io non sono le cose che possiedo e i successi che riesco a ottenere”. Inoltre, “il valore della mia vita non dipende da quanto riesco a esibire né diminuisce quando vado incontro ai fallimenti e agli insuccessi”.
“Io sono un figlio amato; sono benedetto da Dio; Lui mi ha voluto rivestire di bellezza e mi vuole libero da ogni schiavitù”, ha proseguito Bergoglio, rinforzando il concetto: “chi adora Dio non diventa schiavo di nessuno”.
Il ricco della parabola si era “scavato la fossa” che lo divideva da Lazzaro e quell’abisso rimane anche nella vita eterna (cfr Lc 16,26). È ciò che rischiamo di fare anche noi, quando “alziamo […] dei muri contro i fratelli”, restando “imprigionati nella solitudine e nella morte”.
È ciò che avviene anche ai “nostri giorni”, con tutte “le ingiustizie, le disparità, le risorse della terra distribuite in modo iniquo, i soprusi dei potenti nei confronti dei deboli, l’indifferenza verso il grido dei poveri”.
Di fronte a questo abisso, “l’Eucaristia è profezia di un mondo nuovo, è la presenza di Gesù” che ci chiede di “impegnarci perché accada un’effettiva conversione: dall’indifferenza alla compassione, dallo spreco alla condivisione, dall’egoismo all’amore, dall’individualismo alla fraternità”.
Proprio a Matera, la “città del pane”, papa Francesco ha esortato tutti i fedeli a un ritorno all’Eucaristia. “Torniamo al gusto del pane”, ha detto per diventare “apostoli di fraternità, di giustizia e di pace”, nella sequela di Gesù che “si fa pane di tenerezza e di misericordia per tutti”.
Al termine della celebrazione, il Santo Padre ha ringraziato il cardinale Zuppi, la “Comunità diocesana di Matera-Irsina” e tutti coloro che hanno organizzato e realizzato il Congresso Eucaristico Nazionale.
Poco prima della recita dell’Angelus, il Pontefice ha affidato a Maria Santissima “il cammino della Chiesa in Italia” chiedendo una grazia particolare per il Paese, da anni intrappolato in un inverno demografico interminabile: “più nascite, più figli”.
Di seguito, ha pregato per il Myanmar, dove da due proseguono “gravi scontri armati e violenze” e da cui, questa settimana, è giunto all’orecchio del Papa “il grido di dolore per la morte di bambini in una scuola bombardata. Si vede che è la moda – ha commentato Francesco – bombardare le scuole, oggi, nel mondo! Che il grido di questi piccoli non resti inascoltato! Queste tragedie non devono avvenire!”.
Preghiere sono state rivolte da Bergoglio per “il martoriato popolo ucraino” e affinché i “capi delle Nazioni” trovino “la forza di volontà per trovare subito iniziative efficaci che conducano alla fine della guerra”.
Il Santo Padre si è quindi unito ai “Vescovi del Camerun per la liberazione di alcune persone sequestrate nella Diocesi di Mamfe, tra cui cinque sacerdoti e una religiosa”.
Infine, in coincidenza della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, il Pontefice ha ricordato che i “migranti vanno accolti, accompagnati, promossi e integrati” e che “il Regno di Dio si realizza con loro, senza esclusi”.
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