Angoscia e disperazione sono due stati d’animo che colpiscono gli esseri umani dall’alba dei tempi. Ma non bisogna disperare perché è proprio lì che il Signore ci viene in aiuto.
Può sembrare paradossale che proprio in stati esistenziali che talvolta arrecano grande sofferenza è possibile trovare la via per la salvezza più pura e vera.
“È con l’aiuto dell’angoscia che Dio scende in caccia dell’uomo”, scriveva infatti il filosofo Kierkegaard, ricordando che in quanto “Gesù Cristo è il segno dello scandalo e l’oggetto della Fede”, per molti la venuta di Cristo è e resterà sempre un paradosso.
La fede in Gesù Cristo è la condizione per ottenere la beatitudine eterna
Gesù Cristo stesso per molti secoli è stato considerato da filosofi e pensatori come il più paradosso, sintesi paradossale di un Dio e di una povera natura umana, segno di contraddizione in un mondo intriso di male, che con il suo Sacrificio è venuto a portare il vero Bene e la vera Vita. I cristiani, infatti, grazie alla venuta del Signore sanno con certezza che ad attenderli dopo la morte troveranno quel sommo bene che si chiama beatitudine eterna.
Proprio la fede in Gesù Cristo è la condizione per ottenere questo bene. Si tratta dell’unica via per raggiungerlo. Generazioni di filosofi da duemila anni si combattono tra di loro per conoscere razionalmente la verità, tra eresia spuntate una dietro l’altra, specialmente nei primi tempi della cristianità, e ateismi di ogni sorta nati nelle epoche più recenti.
Il filosofo Kierkegaard: la fede non si può comprendere ma solo credere
A tutti loro rispondeva il filosofo Kierkegaard spiegando che “la fede non si può comprendere: il massimo a cui si arriva è poter comprendere che non si può comprendere. Così anche per un Assoluto non si possono dare ragioni, al massimo si possono dare ragioni che non ci sono ragioni”. Un altro paradosso della fede è che l’atto di credere rappresenta già di per sé un prodigio di una grandezza unica che però è allo stesso tempo accessibile a ogni uomo, nessuno escluso.
Anche la stessa rivelazione di una verità eterna partendo da un fatto storico, ai più, sembrò per lunghi secoli qualcosa di inaccettabile e incomprensibile, come lo è ancora oggi per i tanti che ancora non credono, o che credono in qualcosa che non corrisponde alla verità. Il cristiano, invece, ha la certezza della fede, e crede che quell’uomo che si chiama Gesù non è solamente un uomo, ma è Dio.
Di fronte al Signore Gesù possiamo solo affidarci a Lui e credere
Per questo si è detto a lungo che “Gesù Cristo è il segno dello scandalo e l’oggetto della Fede“. Di fronte al Signore Gesù non ci sono molti discorsi da fare, ma bisogna solamente affidarsi a Lui e credere. Altrimenti sarebbe difficile da capire come ha fatto un Bambino nato in una grotta duemila anni fa a portare a noi, ancora oggi, la Salvezza eterna. Non serve, per avere fede, essere contemporanei a Gesù. La sua Parola di Salvezza infatti risuona nella storia e in tutti gli uomini di tutti i tempi, non passa mai.
“Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”, è infatti scritto nel Vangelo di Matteo (24, 35). La fede ci permette di scorgere l’eternità dietro un fatto storico accaduto duemila anni fa, la venuta del Signore su questa terrà, incarnatosi nel seno di Maria. Per questo esattamente come hanno creduto i Magi seguendo la stella, la stessa possibilità di Salvezza è data oggi ad ogni uomo e ad ogni donna.
“Credere è andare dove tutti gli indicatori dicono: indietro!”
Il cristianesimo perciò non ha bisogno di nessun ragionamento, speculazione o tesi a sua difesa, ma solamente della fede di ciascuno e di tutti. Non serve che la filosofia giustifichi la sua bontà, ma solamente che si creda in Gesù quale salvatore di tutti noi.
“In verità, in verità ti dico oggi sarai con me in Paradiso” (Lu, 23,43), diceva Cristo al ladrone. “Credere è propriamente andare per quella via dove tutti gli indicatori stradali mostrano: indietro, indietro, indietro!“, dice Kierkegaard. Per questo, spiega il filosofo, la fede è l’unica capace di salvare dall’angoscia che da sempre caratterizza la condizione umana, il vuoto della mancanza di senso.
Il paradosso: proprio nell’angoscia troviamo la salvezza
Per questo, spiega oggi il filosofo Dario Antiseri, in un certo senso “occorre dare il benvenuto all’angoscia, farla entrare nell’animo, lasciare che lo perquisisca e permetterle di scacciare tutti i pensieri finiti e gretti”. Perché paradossalmente è proprio in questo modo che “Dio che vuole essere amato discende con l’aiuto dell’inquietudine in caccia dell’uomo”.
La disperazione e l’angoscia sono quindi stati dell’animo che presuppongono il vuoto di senso della propria vita o l’incapacità di poter trovare sé stessi, di capire quale sia il senso della propria esistenza. Ma è proprio di fronte a questi due terribili stati d’animo che il Signore ci viene incontro e ci redime, ci offre la sua via di salvezza e di santità eterna.