Papa Francesco sfida la pandemia di Coronavirus e si rimette in viaggio. Il Pontefice dal 5 all’8 marzo 2021 volerà in Iraq, terra di persecuzioni cristiane.
Si tratta di una visita fortemente storica. Bergoglio sarà infatti il primo pontefice a mettere piede sulla terra che fu in origine la stessa di Abramo. Neanche san Giovanni Paolo II infatti riuscì mai a recarsi in questi territori. Il suo intento era di aprire il Giubileo nel 1999 in Medio Oriente. Mise in piedi le trattative con Saddam Hussein, che durarono alcuni mesi, alla fine dei quali venne chiesto di rinviare il pellegrinaggio.
Papa Francesco si recherà invece a Baghdad, ma anche alla Piana di Ur, a Erbil, Mosul e Qaraqosh nella Piana di Ninive. In questa regione, nel 2017 l’Isis cacciò all’improvviso ventimila famiglie di cristiani. Devastò le loro case e uccise chiunque non voleva andarsene. “Il Papa viene da noi e ciò vuol dire che porta il suo supporto ma anche la speranza per una situazione migliore”, ha commentato il cardinale Raphael Sako, patriarca dei Caldei.
“Accogliendo l’invito della Repubblica d’Iraq e della Chiesa Cattolica locale, Papa Francesco compirà un Viaggio Apostolico nel suddetto Paese dal 5 all’8 marzo 2021, visitando Bagdad, la piana di Ur, legata alla memoria di Abramo, la città di Erbil, così come Mosul e Qaraqosh nella piana di Ninive“, ha dichiarato il direttore della Sala stampa vaticana, Matteo Bruni.
“A suo tempo sarà pubblicato il programma del viaggio, che terrà conto dell’evoluzione dell’emergenza sanitaria mondiale”, ha proseguito Bruni. Si tratterà così di una trasferta di quattro giorni che arriva al seguito di quindici lunghi mesi durante i quali il Papa è stato obbligato a sospendere tutti i pellegrinaggi internazionali a causa della pandemia.
I media vaticani hanno evidenziato che si tratta di “un gesto concreto di vicinanza a tutta la popolazione di quel martoriato Paese“. Un gesto cioè di grande forza, e una risposta molto concreta a quanti hanno provato in tutti i modi a sostenere che il suo Pontificato, a causa del Coronavirus, avrebbe perso forze e quindi sarebbe destinato alla conclusione.
Già dal 2019 il Pontefice aveva espresso chiaramente la sua intenzione di visitare il Paese, durante l’udienza ai partecipanti alla Riunione delle Opere di Aiuto alle Chiese Orientali. Francesco aveva spiegato che quello di visitare l’Iraq è un suo “pensiero insistente”. Ciò affinché il Paese “possa guardare avanti attraverso la pacifica e condivisa partecipazione alla costruzione del bene comune di tutte le componenti anche religiose della società, e non ricada in tensioni che vengono dai mai sopiti conflitti delle potenze regionali”.
Al centro della sua missione, c’è perciò la grande attenzione all’importanza di preservare la presenza storica dei cristiani e la necessità di garantire loro sicurezza e un posto nel futuro del Paese. Prima del 2003, i cristiani in Iraq erano tra un milione e un milione e mezzo. Poi il conflitto che portò alla caduta di Saddam Hussein, la guerra, e l’occupazione della Piana di Ninive da parte del sedicente Stato islamico, fecero in modo che dal 2014 al 2017 i cristiani si sono ridotti a meno di 400mila.
A una situazione quindi già drammatica oggi si è aggiunta la crisi economica, la disoccupazione, la corruzione e il dramma dei circa 1,7 milioni di sfollati interni mettono a dura prova i progetti di sviluppo. L’Unicef parla di oltre 4 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria, la metà sono bambini, in una situazione in cui mancano ospedali e medicine, e dove anche il Covid continua a fare vittime.
“Basta guerre, basta conflitti, basta morte, distruzione e corruzione”, ha commentato ancora Sako ai media vaticani. “Bisogna costruire la fiducia, la pace e la stabilità e anche la solidarietà umana. Noi aspettiamo tanto dal Santo Padre. Questa visita è un momento forte da parte sua di annunciare la verità. È un atto molto coraggioso, soprattutto in questo tempo”.
Francesco Gnagni
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