Di fronte alla crisi della fede, la cristianità si trova davanti a un bivio. Scegliere la via del mondo o preservare un patto di fede imperniato sul primato dell’amore.
Questo significa ripartire da una direzione ben precisa, che si può comprendere solo guardando al passato per puntare, nel futuro, al cielo. Rivolgendo ad esempio lo sguardo all’antichità, allora esisteva la pratica dei vincitori di annientare ciò che rimaneva dei vinti. Rimanevano tuttavia puntualmente dei sopravvissuti.
Nell’antichità, dopo le guerre si ripartiva dai superstiti
Era proprio da loro, magari dopo alcuni decenni, che la vita poteva riprendere a fiorire. Così è successo con Israele, capace di risorgere dopo anni di isolamento a Babilonia, a seguito dell’invasione babilonese che distrusse Gerusalemme nel 586 a.C.
Il primo profeta-scrittore, Amos, parlava di “resto”. Amos preannunciò distruzioni, fu severo con quanti abbandonavano Israele ma allo stesso tempo esprimeva la speranza di una rinascita. Parliamo comunque, in ogni caso, di guerra. Il profeta Isaia affermava: “Da Gerusalemme uscirà un resto, dal monte di Sion un residuo”.
Il riferimento biblico del “resto” e il legame con l’attualità
Lo stesso riferimento biblico del “resto” nella Bibbia venne citato anche in altri casi più noti, come il diluvio di Noè o l’incendio di Sodoma, frutto del peccato di Israele da cui ebbe sempre la possibilità di redimersi e risollevarsi.
Tutto ciò ricorda in maniera laterale ma profonda l’attuale condizione della Chiesa e della cristianità. In un mondo sempre più ateo e scristianizzato, che sempre meno vuole sentire parlare di fede e di valori, e che sempre più è appiattito sul presente dell’apparenza e dell’immanenza, i cristiani oggi costituiscono a pieno titolo quel “resto” di biblica memoria.
Come nell’AT, i cristiani sono chiamati a ripartire dai “resti” della civiltà
Un po’ come nell’Antico Testamento, i cristiani oggi hanno il compito di ripartire dai resti di una civiltà che sembra sull’orlo della distruzione. Infatti è molto evidente il calo di frequentazione delle Messe e dei Sacramenti, come anche purtroppo dei matrimoni stessi, dello studio della Bibbia, della vicinanza con la Parola del Signore.
Si dice che ormai meno della metà della popolazione europea si dice credente, e i cristiani sono circa il 30 per cento. A differenza di altri Paesi e continenti sparsi per il mondo, dove il cristianesimo è in forte ascesa, ma è costretto a lottare con la violenza e la persecuzione. In Europa, civiltà sorta proprio sulla spinta del cristianesimo, è diventato persino difficile parlare di “radici”. Perciò non si capisce a cosa dovrebbe appoggiarsi l’albero su cui costruire la civiltà futura.
Papa Francesco e la ripartenza della fede solo dall’amore
Papa Francesco spesso dipinge i cristiani di oggi come martiri, mentre a nessuno sembra preoccupare l’estinzione della civiltà cristiana. I pochi che ne parlano, lo fanno o assumendo il tono di profeti di sventura, accusando la cultura moderna di ogni nefandezza. Oppure, al contrario, c’è ancora chi vede nell’attuale stato di crisi una speranza per i tempi che verranno.
Di ripartire cioè dalla vera fede, dall’amore e dall’unione con Cristo, dalla sacralità che è separata dal mondo, dalla distanza con tutto ciò che effimero e mondano. Per tornare a quel modello di Chiesa che ha caratterizzato la vita dei primi cristiani, fatta di umiltà, di piccole cose, di una comunità che è lievito e non impasto, che è granello di senape e luce per il mondo. Che non porta dietro con sé l’oscurità del peccato ma che punta a liberarsene.
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La lontana profezia del cardinale Ratzinger sul futuro della Chiesa
Viene in mente allora la profezia di Ratzinger nel lontano ’68, quando da cardinale partecipò a una serie di trasmissioni radiofoniche in cui profetizzò che nei tempi futuri la Chiesa sarà chiamata a ripartire proprio da queste piccole comunità che, abbandonato ogni compromesso con il potere, potranno finalmente tornare alla natura vera ed essenziale della Chiesa. L’incontro con il Signore e la vita nel Suo amore misericordioso che redime.
Alla domanda di Gesù, “il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”, la risposta è nelle mani della libertà umana che il Signore ha donato a tutti i suoi figli. Per questo sarà sempre più necessario ripartire proprio da questo “resto”, da coloro che rimangono legati alla Chiesa e continuano ad impegnarsi e a trasmettere la fede alle nuove generazioni. Sarà capace questo “resto”, grazie a un processo di riforma autentica e una nuova evangelizzazione, di recuperare almeno una parte di coloro che se ne sono andati?
Giovanni Bernardi