Sant’Antonio Maria Gianelli fu fortemente efficace nella sua predicazione, ma la sua missione fu testimoniata non con le parole ma con l’esempio.
Antonio Maria Gianelli è nato a Cereta, presso Chiavari, nel 1789 e a soli 19 anni entrò in seminario, per essere in seguito ordinato sacerdote quattro anni dopo. Fin dall’inizio si mise in luce per la sua condotta esemplare. Le sue caratteristiche di maggiore spicco erano la sua profonda pietà eucaristica e la filiale devozione alla Madonna.
Subito dopo la sua ordinazione aiutò persone di ogni condizione sociale. Quelli in cui viveva erano infatti tempi molto difficili, in particolare per la diffusione di idee rivoluzionarie. Giannelli, invece, si inserì attivamente nel gruppo dei cattolici che lavoravano per una “seconda controriforma”.
Questa, nel concreto, significava una più adeguata formazione del clero, la reintroduzione nei seminari della Summa Theologiae di san Tommaso d’Aquino come testo di dogmatica e, per lo studio della morale, le opere di Sant’Alfonso de’ Liguori. Nel 1827 arrivò la prima fondazione di una piccola congregazione missionaria di Liguoriani, che aveva il compito di predicare gli esercizi al clero e le missioni al popolo.
Nello stesso anno però accadde un altro fatto rilevante per la sua vita. Antonio aderì alla Società Economica, fondata a Chiavari dal patrizio genovese Stefano Rivarola con scopi culturali e di beneficenza. Questa aveva un ospizio per orfanelle, la cui direzione venne affidata alle alle “Signore della Carità”, da lui istituite con criteri che rendono Antonio un vero precursore dell’apostolato sociale femminile.
Da lì il passo successivo sarà quello della fondazione delle “Figlie di Maria Santissima dell’Orto“, comunemente note come le “Gianelline”. Dodici di queste vennero condotte all’inizio del 1829 a vita comune in una piccola casa. Compito di questa missione era quello di istruire la gioventù e di curare i malati negli ospedali e nei lazzaretti.
Presto la comunità divenne ben più grande e le Figlie prima aprirono una scuola per fanciulle povere, poi presero la direzione dell’Ospedale civico e poi dell’Ospizio di Carità e Lavoro e nel 1835 dell’Ospedale di La Spezia. In Liguria però è l’anno in cui infuria l’epidemia del colera. Giannelli, arciprete, organizzò una processione di penitenza con il crocifisso venerato nella parrocchia per chiedere al Signore che la città fosse risparmiata dal flagello.
La partecipazione fu di tutta la popolazione, che tra canti e preghiere raggiunse il santuario della Madonna dell’Orto. Il santo si mise a pregare nel piazzale antistante e all’improvviso scese uno stuolo di rondini attorno al crocifisso. Per i presenti quella fu una risposta dal cielo. Il crocifisso rimase esposto per ottanta giorni, al termine dei quali il morbo scomparve, e si fece un’altra processione per ringraziare Dio.
Giannelli venne così nominato vescovo di Bobbio. Ma prima di prendere l’incarico, distribuì ai poveri i proventi che gli spettavano come arciprete di Chiavari, e continuò nel suo metodo di vita basato sulla semplicità e sulla povertà. Simbolico era certamente anche il suo alloggio, composto di due soli locali, una camera per la notte e un piccolo studio che adoperava per ricevere le persone.
Al netto di questo, l’incessante preghiera per la conversione dei peccatori accompagnava ogni giorno il suo ministero. Fin dall’inizio il nuovo vescovo sradicò abusi, favorì la predicazione, regolò l’insegnamento del catechismo e sollecitò l’amministrazione dei sacramenti, tenendo infine due sinodi e riorganizzando, in definitiva, il seminario sia negli studi che nella disciplina. Un altro tassello importante del suo operato fu la ferma rimozione degli ecclesiastici indegni.
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A definire la figura e il carisma di monsignor Giannelli fu il beato Tommaso Reggio, che disse: “La sua vita può dirsi che fosse un atto continuo e perpetuo di fede, di speranza e di carità verso il prossimo. Tutte le sue azioni, come tutte le sue parole, tutti i suoi pensieri, come tutti i suoi affetti, avevano un solo e stesso principio, un solo e stesso fine: la gloria di Dio e la salute delle anime”.
Giovanni Bernardi
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