Un argomento di cui si sente parlare spesso e che inquieta molti fedeli. L’Apocalisse, il Giudizio di Dio: ma cosa sono realmente?
Una fedele chiede spiegazione ad un sacerdote circa un riferimento fatto, nella Sacra Scrittura, per l’Apocalisse. Il demonio e il ricorrente numero a lui indicato: sono dei marchi o dei segni? Cerchiamo di capire insieme.
L’avvento dell’Apocalisse, quella di cui, in questi ultimi anni, si senti molto parlare, anche facendo riferimento ad eventi più o meno tragici che la storia dell’umanità ha vissuto o sta vivendo. Una fedele chiede spiegazione a Padre Angelo circa un argomento specifico: “Oggigiorno si sente parlare moltissimo dell’Apocalisse, questo argomento mi inquieta, non conoscendo e non sapendo interpretare i Vangeli. Perché si parla di un marchio della bestia, sicuramente la bestia è Lucifero, come mai è collegato ad un numero seicentosessantasei? In cosa consiste questo marchio?
Molti asseriscono si tratti di un codice a sbarre, come ritroviamo nei Bancomat, che ci verrà inserito obbligatoriamente nella mano, oppure nella fronte per essere tutti controllati; terminano affermando che chi avrà questo marchio sarà rinnegato da Dio essendo demoniaco” – scrive.
Ma chiede, anche, spiegazione su di un brano di Giovanni: “Cosa intende Giovanni con i seguenti versi dell’apocalisse 13,14-18. Così traeva in inganno gli abitanti della terra con i portenti che aveva il potere di fare a servizio della bestia; spingeva infatti gli abitanti della terra a erigere un’immagine alla bestia che aveva ricevuto la ferita della spada e poi aveva ripreso vita. (15) Quindi fu dato ad essa di infondere lo spirito al simulacro della bestia in modo che questa potesse parlare.
Quanti non avessero voluto adorare l’immagine della bestia ordinava che fossero uccisi. (16) Si adopera, inoltre, che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, fosse impresso sulla loro mano destra o sulla fronte un marchio, (17) in modo che nessuno potesse comprendere o vendere all’infuori di coloro che portavano il marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo del suo nome.(18) Qui sta la sapienza. Chi ha mente computi il numero della bestia; è un numero d’uomo. Il suo numero è seicentosessantasei”.
Padre Angelo parte proprio dal brano dell’Apocalisse citato dalla fedele: “San Giovani sta parlando della situazione della Chiesa del suo tempo sottoposta a persecuzione. In prospettiva parla anche delle tribolazioni che la Chiesa passerà nel corso dei secoli. Le descrive con un genere letterario che noi oggi non usiamo, il genere cosiddetto apocalittico.
Questo genere letterario era usato dagli ebrei vissuti più o meno dal secondo secolo avanti Cristo al secondo secolo dopo Cristo e annuncia attraverso immagini desunte dalla mitologia del tempo le sventure del popolo eletto e la fiducia nella liberazione che Dio avrebbe portato”.
C’è un messaggio che Giovanni vuol trasmettere: “Tuttavia se la comprensione del testo in riferimento alle vicende storiche del tempo è abbastanza facile, sarebbe sbagliato andare a cercare con meticolosità una corrispondenza letterale alla situazione attuale e futura.
Ciò che San Giovanni vuole trasmettere è il messaggio: la Chiesa sarà sempre perseguitata, ma nello stesso tempo godrà della promessa del suo Salvatore, il Cristo risorto, il quale ha assicurato i suoi dicendo “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28,20) e li introdurrà nella sua gloria.
Il passo che tu mi hai riportato fa riferimento ad una seconda fiera che si alza dalla terra, compie miracoli e prodigi e la cui mansione è quella di propagandare e consolidare il potere politico della prima fiera” – spiega Padre Angelo.
E il riferimento al demonio? “Secondo A. Wikenhauser questo sarebbe il suo significato storico: “Questi miracoli fanno sulla massa un’impressione profonda, inducendola ad adorare la prima bestia (cfr. 19,20). Questo ricordo dei miracoli che l’Anticristo compirà con la forza di Satana, come pure del fascino che essi eserciteranno su quanti non sono nel numero degli eletti, ricorre pure in S. Paolo (2 Ts 2,9ss).
Anche la Didaché, parlando di «colui che seduce il mondo», cioè dell’Anticristo, dice che egli compirà segni e prodigi, assicurandosi un successo senza pari (16,4 ss.). Un culto senza immagini per gli antichi era inimmaginabile; perciò il falso profeta induce gli uomini ad innalzare una statua alla bestia salita dal mare, per farne quasi l’espressione sensibile della potenza divina dell’impero.
A questa effigie il profeta comunica la capacità di parlare. Della fede in statue che parlavano e operavano prodigi si hanno nell’antichità molte attestazioni. Verso il 180, per esempio, all’epoca dell’apologista Atenagora, vi era a Troade una statua che aveva fama di pronunciare oracoli e di guarire gli infermi.
Con questo mezzo il falso profeta riunisce tutta la popolazione dell’impero nella pratica della religione e del culto di questa potenza politica assolutista. Alla statua dotata di parola egli esige, sotto pena di morte, che si presti adorazione, cioè pretende che a questo potere politico che si spaccia per divino si renda un culto religioso, e costringe a far ciò col ricorso a mezzi brutali.
Plinio il Giovane, governatore della Bitinia, nella nota lettera a Traiano riferisce che i cristiani venivan forzati a offrire incenso e vino davanti al simulacro dell’imperatore e degli dèi. Affinché nessuno possa sottrarsi al culto della bestia, il falso profeta esige che tutti si imprimano sulla fronte o sulla mano un marchio, il quale attesti che appartengono a lui […]
Secondo Ap 22,4; 3,12 i cittadini della nuova Gerusalemme portano sulla fronte il nome di Dio come segno esterno della propria appartenenza a lui; in 7,3 e 14, 1, poi, si legge che gli eletti ricevono in fronte il sigillo di Dio, come simbolo della sua efficace protezione. Chiunque non porta il marchio della bestia è esposto al boicottaggio economico, venendo posto nell’impossibilità di comprare e di vendere, e quindi di vivere.
Questo provvedimento brutale mira a far sì che coloro i quali si rifiutano di adorare la bestia siano denunciati all’autorità e puniti. Non rimane perciò che la terribile alternativa: o adorare la bestia, o morire. Il marchio che tutti gli abitanti dell’impero devono portare consiste nel nome della bestia o nel numero del suo nome. Di che nome si tratta? È quanto il veggente dice a questo punto; ma lo fa in maniera tale, che serve più a nascondere che non a manifestare quel nome, tanto sono enigmatiche le parole di cui si serve.
Egli stesso aggiunge che per sciogliere l’enigma occorre molta sapienza, cioè un grande acume, esattamente come ne occorrerà più tardi per l’interpretazione delle sette teste della fiera. Il numero della bestia deve dunque servire ai lettori per indovinarne il nome. La bestia, dice il veggente, cela un uomo; meglio ancora: nei quarantadue mesi della grande tribolazione la bestia si è incarnata in un uomo, il cui nome è composto di lettere; il valore numerico di queste, sommate, dà la cifra seicentosessantasei” – continua il sacerdote.
Il numero attribuito al demonio da dove proviene? “La Bibbia di Gerusalemme annota: “in greco come in ebraico ogni lettera aveva un valore numerico secondo il posto nell’alfabeto. Il numero di un uomo è il totale delle sue lettere. Qui seicentosessantasei sarebbe Cesare Nerone” Altri codici però riportano il numero 616 e sarebbe Cesare – dio (lettere greche) […]
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Se l’Anticristo è identico al «Nero redivivus» (Nerone redivivo), ne viene che questa interpretazione del numero 666 deve considerarsi come la migliore di quante sono state proposte sino ad oggi, pur dovendosi riconoscere che neppure essa può ritenersi del tutto sicura. La chiave per lo scioglimento dell’enigma dev’essersi perduta assai presto, dal momento che Sant’Ireneo (secondo secolo), pur essendo oriundo dell’Asia Minore, mostra di non possederla già più […]
Va detto che nel corso della storia per certe persecuzioni analoghe a quelle imposte da Domiziano – imperatore romano della fine del primo secolo che aveva proibito ai cristiani di vendere o di comprare se non avessero sacrificato agli dei – alcuni hanno visto altri personaggi (e cioè più d’uno) legati al numero 666. Ma se volutamente San Giovanni ha lasciato nebulosa la prima interpretazione, quanto più lo sono altre interpretazioni. Ripeto, ciò che conta è il messaggio e non la predizione meticolosa del futuro” – conclude Padre Angelo.
Fonte: amicidomenicani
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ROSALIA GIGLIANO
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