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Coronavirus: l’app Immuni ci controllerà? Analizziamo i dubbi

Per monitorare l’andamento del contagio nella fase due dell’emergenza sanitaria, il governo sta implementando l’utilizzo dell’app Immuni, che si potrà scaricare sul proprio cellulare.

La domanda che molti si pongono è: se non lo faccio, andrò incontro a limitazioni della libertà personale? La risposta è: no. La app infatti sarà scaricabile soltanto in maniera volontaria, e qualora si decida di non farlo non ci sarà alcuna limitazione della libertà personale, ha spiegato la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa.

L’app Immuni e il diritto alla privacy

Evidentemente, l’idea di dare seguito alla possibilità di multare di chi non si avvale questo strumento non ha alcuna logica né fattibilità. L’articolo 12 della Dichiarazione Universale dei diritti umani prevede infatti il diritto alla privacy, e oltre a questo elemento ci sarebbe anche da prendere in considerazione il digital device, ovvero il fatto che non tutti i cittadini possiedono uno smartphone o la capacità di usarlo, e non ne sono nemmeno tenuti.

Il governo, in ogni caso, ha ammesso che si impegnerà per sponsorizzare al massimo la diffusione di questa app, così da avere un maggior numero di dati epidemiologici e monitorare al meglio la diffusione del virus. Il rischio di una nuova ondata di contagi una volta riaperte le attività produttive è grande e l’intento è di scongiurarlo con ogni mezzo.

L’app potrebbe essere uno strumento molto utile per gli operatori del governo al fine di questo obiettivo.

Cosa succederà se incontro un contagiato?

Un’altra domanda legittima che molti si pongono, è legata a cosa accadrà una volta che l’app dirà che stiamo entrando in contatto con un contagiato. Innanzitutto, per avere questo tipo di informazione l’utente dovrà inserire i propri dati dopo avere effettuato tutte le necessarie verifiche mediche, perciò non sarà semplice fare funzionare l’app al meglio. Prima ci sarà bisogno di un vasto numero di dati, affinché lo strumento funzioni con una certa diffusione, e per averli ci potranno volere dei mesi.

In ogni caso, il progetto che riguarda il funzionamento dell’applicazione prevede il passaggio del dato registrato dall’utente all’ufficio provinciale di prevenzione legato all’Asl. La persona che è entrata in contatto con un contagiato verrà così avvertito e preso in carico dallo stesso ufficio, che da quel momento in poi cercherà di tenerlo sotto osservazione. Anche con l’ausilio di medici e infermieri che potranno effettuare delle visite. In cui potrebbero venire effettuati dei tamponi fino a che la persona non verrà dichiarata ufficialmente negativa.

Il diritto all’anonimato

In ogni caso, la persona contagiata non verrà mai a conoscenza di chi effettivamente le ha trasmesso il virus. Il problema però legato a questa capillare e immensa quantità di dati intacca e non poco la questione della privacy. Per questo si chiede che tutto l’iter e il funzionamento dello strumento sia sottoposto a una verifica parlamentare.

“Dell’app italiana non sappiamo ancora nulla di ufficiale, mentre una maggiore trasparenza da parte del governo sarebbe auspicabile, perché un sistema per il contact tracing va ad incidere, potenzialmente, sulla privacy di tutti noi”, ha affermato l’avvocato Francesco Paolo Micozzi, docente di informatica giuridica all’Università degli Studi di Perugia.

Il tracciamento dei dati: legittimo?

L’obiezione che si potrebbe fare è che già normalmente il tracciamento dei nostri contatti viene fatto da applicazioni di cui sono proprietarie aziende private come Amazon o Facebook. Con l’app Immuni si chiederebbe al nostro smartphone di mantenere in memoria tutte le persone che abbiamo incontrato nelle ultime due settimane, e sarà necessario non fornire alcuna informazione che vada oltre a quelle strettamente necessarie per il monitoraggio del coronavirus.

In caso contrario, le informazioni potrebbe essere cedute in maniera illecita a terzi e utilizzata per qualsiasi altra finalità legata ad interessi personali, come marketing o ancora peggio frodi. Tuttavia, al momento si cerca di finalizzare un sistema in cui queste non potranno essere condivise.

L’app Immuni non può essere obbligatoria

Tuttavia però “il rischio esiste, e questo apre alla vera domanda: l’uso della app è assolutamente necessario per ridurre la trasmissione del contagio? E se non lo è, perché dovrei mettere in gioco dei dati personali senza averne un beneficio certo?”, si chiede l’avvocato. Domande a cui è interessante rispondere, ma che portano alla conclusione che l’app non può essere obbligatoria, perché sarebbe contro tutti i criteri giuridici.

“Non si può neppure condizionare l’esercizio di un diritto all’installazione volontaria della app, ad esempio accedere a determinati luoghi o fruire di specifici servizi. Può solo ipotizzarsi un uso su base realmente volontaria, ed eventualmente potrebbero introdursi degli incentivi”.

Giovanni Bernardi

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