Una nuova accorata esortazione al mondo intero d a parte di Papa Francesco, al termine del Sinodo dei Vescovi, conclusosi ieri. Il Santo Padre ha consegnato ai padri sinodali il loro mandato per la Chiesa dell’immediato futuro.
Amare Dio e amare il prossimo, come comanda il Vangelo odierno (Mt 22,34-40) è il “principio e fondamento” da cui “tutto comincia e ricomincia”. Così si è espresso il Santo Padre nella sua omelia, durante la messa nella basilica vaticana.
Niente strategie, né calcoli
È l’amore, dunque, che va messo al centro, “non le nostre strategie, non i calcoli umani, non le mode del mondo, ma amare Dio e il prossimo: ecco il cuore di tutto”, ha rimarcato il Pontefice.
In che modo, però, si traduce questo amore? Il Papa ha “due verbi” o, meglio, “due movimenti del cuore […]: adorare e servire”. Adorare Dio, vuol dire mettere Lui al centro riscoprendoci “liberi noi” dagli “idoli che ci rendono schiavi”.
È essenziale, ha proseguito Bergoglio, “perché non ci succeda di mettere al centro noi invece che Lui”. Auspicio del Vescovo di Roma è una Chiesa che diventi “adoratrice: in ogni diocesi, in ogni parrocchia, in ogni comunità si adori il Signore!”. Solo in questo modo “la Parola di Dio abiterà le nostre parole; perché solo davanti a Lui saremo purificati, trasformati e rinnovati dal fuoco del suo Spirito”.
Quanto invece al secondo verbo, “servire”, il Santo Padre ricorda che “non esiste un’esperienza religiosa che sia sorda al grido del mondo, una vera esperienza religiosa. Non c’è amore di Dio senza coinvolgimento nella cura del prossimo, altrimenti si rischia il fariseismo”.
Una “conversazione dello Spirito”
Il Pontefice ha poi rivolto il suo pensiero “a quanti sono vittime delle atrocità della guerra; alle sofferenze dei migranti, al dolore nascosto di chi si trova da solo e in condizioni di povertà; a chi è schiacciato dai pesi della vita; a chi non ha più lacrime, a chi non ha voce”.
Il Papa ha anche deplorato chi “dietro belle parole e suadenti promesse”, favorisce “forme di sfruttamento o non si fa nulla per impedirle. È un peccato grave sfruttare i più deboli, un peccato grave che corrode la fraternità e devasta la società. Noi, discepoli di Gesù – ha proseguito – vogliamo portare nel mondo un altro lievito, quello del Vangelo: Dio al primo posto e insieme a Lui coloro che Lui predilige, i poveri e i deboli”.
Tornando sul tema specifico del Sinodo, descritto come una “conversazione dello Spirito”, in cui “abbiamo potuto sperimentare la tenera presenza del Signore e scoprire la bellezza della fraternità”.
Oggi, quindi, “con lungimiranza possiamo guardare all’orizzonte che si apre davanti a noi”, nell’auspicio di una “Chiesa più sinodale e più missionaria, che adora Dio e serve le donne e gli uomini del nostro tempo, uscendo a portare a tutti la consolante gioia del Vangelo”.
L’esempio di Madre Teresa
Più tardi, nel corso dell’Angelus, Francesco ha evocato la figura di Santa Teresa di Calcutta, la quale non si illuse mai di “cambiare il mondo”, desiderando soltanto essere “una goccia di acqua pulita, nella quale potesse brillare l’amore di Dio”.
Come si fa, tuttavia, a “riflettere l’amore di Dio nel mondo”? “il primo passo, come fa Dio con noi: senza aspettare che si muovano gli altri, senza attendere che il mondo, la società e la Chiesa cambino, senza attendere o pretendere riconoscimenti”.
Dopo la recita della preghiera mariana, Bergoglio ha ringraziato quanti si sono uniti alla giornata di preghiera, digiuno e penitenza vissuta venerdì scorso “per implorare la pace nel mondo: non desistiamo!”, ha esortato, chiedendo di continuare a pregare “per l’Ucraina” e “per la grave situazione in Palestina e Israele” e in altri luoghi del mondo.
“A Gaza in particolare, si lascino spazi per garantire aiuti umanitari e siano liberati subito gli ostaggi. Che nessuno abbandoni la possibilità di fermare la armi. Cessi il fuoco!”, ha detto il Santo Padre richiamandosi al recente appello di padre Ibrahim Faltas, nel corso nel programma A Sua Immagine. “Fermatevi, fratelli e sorelle, la guerra è una sconfitta sempre, sempre, sempre!”, ha affermato il Pontefice.