Si è tenuto sabato a Buenos Aires il XXIV Gay Pride argentino.
La marcia per l’orgoglio omosessuale ha visto radunarsi la comunità Lgbtiq per chiedere una “legge contro la discriminazione”.
L’Argentina, in verità, è tutt’altro che un Paese omofobo. La presidente uscente Cristina Kirchner ha infatti legalizzato il matrimonio gay nel 2010 e in questi anni ha lavorato alacremente per scardinare la famiglia naturale ed elargire favori alla lobby omosessualista.
Ora però, a quanto apprendiamo da Actuall, il “pericolo” è la possibile vittoria del candidato Mauricio Macri al ballottaggio presidenziale del prossimo 22 novembre: se così fosse, sarebbe un duro colpo all’egemonia peronista. Macri, che non è certo un reazionario cattolico, in passato ha contrastato l’approvazione della legge sul matrimonio egualitario e sull’identità di genere.
Questa edizione del Gay Pride di Buenos Aires, pertanto, è stata caratterizzata da pesanti attacchi a quello che la comunità Lgbtiq teme possa diventare l’uomo che guiderà l’Argentina per i prossimi anni. Lo slogan principale è stato: “Amore sì, Macri no”.
Cesar Cigliutti, presidente della Comunità Omosessuale Argentina, si è detto incredulo sul fatto che “una persona della nostra comunità voti per un partito e un candidato contrario alle leggi di cui i gay beneficiano”.
Il leader della “Federazione Argentina di lesbiche, gay, bisessuali e trans” (FALGBT), Esteban Paulon, ha denunciato il verificarsi di ancora troppi casi di violenza verso la comunità omosessuale e ha chiesto a gran forza l’approvazione di una normativa volta a prevenire e sanzionare la discriminazione.
La marcia è iniziata con una concentrazione in Plaza de Mayo, di fronte alla sede dell’Esecutivo, e si è conclusa davanti al Parlamento.
“Chiediamo al Congresso di smetterla di guardare da un’altra parte e di avanzare decisamente in questa direzione”, ha detto la segretaria generale della FALGBT, Marcela Romero.
Oltre a ciò, il Gay Pride ha invocato un “reale accesso alle cure sanitarie complete”, una maggiore attenzione per l’occupazione e l’assegnazione di alloggi per le persone trans e, tanto per non farsi mancare nulla, la legalizzazione della marijuana. Insomma, una volta che si cede, poi bisogna mettere in conto il continuo aumento delle richieste della potente lobby Lgbt.
La marcia ha avuto il sostegno dell’attuale governo, che punta a vincere il ballottaggio.
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