Ancora una volta il governo argentino ascolta i malumori della piazze e decide di cancellare la proposta di legge pro gender in ambito scolastico.
In un periodo storico che ha visto pian piano quasi tutti i Paesi del mondo uniformarsi in materia di aborto (il caso più eclatante è stata la depenalizzazione dell’aborto in Irlanda) e di sessualità, l’Argentina ha scelto di andare in contro tendenza e rifiutare ancora una volta la legge in favore dell’interruzione di gravidanza. Lo scorso agosto il Paese sudamericano era spaccato in due, con una parte della popolazione che chiedeva a gran voce la legalizzazione dell’aborto ed un’altra (più numerosa ed altrettanto rumorosa) che invece chiedeva il rispetto della vita, anche nelle prime settimane di gravidanza.
Il risultato ottenuto è stato per certi versi sorprendente, il parlamento argentino ha deciso di bocciare la proposta di legge sull’aborto, mantenendo lo status quo e mostrando una posizione vicina a quella della maggioranza della popolazione. Decisive nella decisione sono state le proteste in piazza, una mobilitazione costante guidata dalla conferenza episcopale argentina che ha prima spaccato la maggioranza e poi convinto i parlamentari ad assecondare il volere del popolo.
L’Argentina scende in piazza contro l’insegnamento gender, il governo cancella la legge
Lo scorso 28 ottobre quanto successo in agosto si è ripetuto: per le vie di Buenos Aires (Capitale del Paese) e delle principali città argentine, nutrite folle di cittadini sono scesi in piazza per protestare contro la legge che avrebbe introdotto nelle scuole primarie l’insegnamento pro gender (quello che slega idealmente la sessualità del soggetto da sesso biologico del nascituro). Marciando, cantando ed esponendo lo slogan ‘#ConMisHijosNoTeMetas‘ (non ti immischiare con mio figlio) i cittadini hanno palesato il loro dissenso sui nuovi insegnamenti in materia di educazione sessuale, convincendo il presidente Macrì ad un’altra decisione in controtendenza.
Dopo le proteste Mauricio Macrì ha deciso di annullare la nuova legge sull’educazione sessuale ed ha detto al ministro dell’Istruzione, Alejandro Finocchiaro, che la legge non solo sarebbe rimasta quella in vigore ma che il governo crede nel ruolo principale e fondamentale della famiglia nonché nella responsabilità dei genitori nell’educazione dei figli. Ancora una volta, insomma, è stata data priorità alla volontà della maggioranza che, concorde con gli insegnamenti della chiesa che invita a distinguere tra sesso, genere ed ideologia, respinge fermamente la legge pro gender.
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Luca Scapatello