Un Giorgio Armani politicamente scorrettissimo fa sfilare a Milano solo coppie finali composte da un uomo e una donna.
Solo un caso, una coincidenza? Non esattamente, ha tenuto a far sapere il grande stilista, forse il volto più noto della moda made in Italy nel mondo. Una scelta controcorrente che ha già fatto partire polemiche e mugugni in salsa politically correct.
Una scelta controcorrente
Chesterton diceva che «una cosa morta può andare con la corrente, ma solo una cosa viva può andarvi contro». È andato decisamente controcorrente, manifestando dunque grande vitalità, Giorgio Armani nell’ultima giornata della settimana della moda milanese maschile. A Milano infatti il grande stilista – il secondo uomo più ricco d’Italia secondo Forbes – ha fatto sfilare nel finale cinque coppie formate, udite udite, da un uomo e una donna.
Più che organizzare una semplice sfilata, scrive l’Ansa, Armani ha voluto invitare a recuperare una serenità andata perduta negli ultimi anni. C’è insomma un gran bisogno di quella «dolcezza nei rapporti» di cui tutti sentono la mancanza. Ecco allora la decisione di far sfilare «sulle poetiche note di Ludovico Einaudi, cinque coppie di innamorati, che si abbracciano guardandosi teneramente negli occhi».
Far sfilare lui e lei nell’ultima giornata della Moda milanese non è stata una causalità o una coincidenza, ha tenuto a far sapere «Re Giorgio». Proprio per nulla: «È una scelta precisa: volevo rivedere una coppia carina, seria», ha confessato il leggendario stilista, adesso ottantottenne, uno dei volti più noti della moda italiana nel mondo.
Interpellato da Maria Corbi per La Stampa, Armani ha ribadito a scanso di equivoci che la sua «è una scelta precisa, si parla di un uomo e di una donna che si vogliono bene, che si amano. Facciamo vedere questa realtà che piace a tutti».
Parole che pesano, ecco perché
Parole che hanno il loro peso. Da una parte perché, alla fine de conti, il fluidismo dei ruoli di genere non è altro che l’applicazione al corpo umano – considerato come l’equivalente di un vestito da indossare e dismettere a piacere – di quella «legge della variabilità» che da sempre guida e caratterizza il funzionamento della moda. Dunque che proprio da quel mondo arrivi un messaggio in controtendenza non può che essere una buona notizia.
In più conta anche il fatto che a lanciarlo sia un “insospettabile” dato che, come noto, a lungo (per quasi vent’anni) Armani ha intrattenuto una relazione omosessuale con Sergio Galeotti, il suo storico braccio destro morto nel 1985, cofondatore della Armani Spa. Come non ha mancato di rimproveragli qualcuno, accusandolo neanche troppo velatamente di ipocrisia. Ad esempio le dichiarazioni di Armani sono già state bollate come «un’uscita infelice, ancorata ad una visione eteronormativa così clamorosamente anacronistica, legata ad un’Italia bigotta che tutti noi vorremmo passata, archiviata, molto banalmente ‘aggiornata’».
Un salutare ritorno alla normalità?
E invece Armani, il grande stilista, non sembra aver paura delle etichette infamanti e dimostra grande libertà e indipendenza di giudizio.
Ritorno al classico, alla tradizione hanno detto alcuni. Diciamo piuttosto ritorno alla normalità (altra parola proibita, pressoché impronunciabile oggi per i veri intolleranti, quelli che vorrebbero imporre a tutti i loro parametri etici, considerati di default gli unici giusti).
Potremmo anche dire ritorno al reale, che è quanto dire «normale» o «naturale». Perché, come aveva detto a Vittorio Messori l’allora cardinale Joseph Ratzinger in quel famoso Rapporto sulla fede di quasi quarant’anni fa, «per la Chiesa, il linguaggio della natura (nel nostro caso: due sessi complementari tra loro e insieme ben distinti) è anche il linguaggio della morale (uomo e donna chiamati a destini egualmente nobili, entrambi eterni, ma insieme diversi)».
Quale futuro per il genderfluid in passerella
Armani insomma pare aver chiara la distinzione tra una scelta privata e soggettiva, ancorché trasgressiva, e la oggettiva normalità rappresentata dalla coppia composta da uomo e donna. Certo, aggiunge il re della moda italiana, «poi ci sono le trasgressioni, le varianti, le modernità, vanno bene, non dico nulla naturalmente, ma mi piaceva rivedere una coppia carina».
A parte l’endorsement a trasgressioni, varianti e modernità varie (non si può avere tutto dalla vita), come interpretare la presa di posizione dello stilista? Semplice scelta stilistica? Magari il fascino dell’«amor cortese», come suggerisce la giornalista della Stampa? O magari, forse, un segnale che tutto il campionario genderfluid e arcobalenato comincia a non funzionare più neanche in passerella? Staremo a vedere.