Divenuta simbolo delle ingiustizie degli estremisti islamici, Asia Bibi è finalmente salva ed ha potuto riabbracciare la sua famiglia.
Raggiunta dal quotidiano britannico Telegraph, la donna è tornata a parlare della sua prigionia ed ha chiesto giustizia per chi, come lei, è stato condannato ingiustamente.
Condannata 10 anni fa per blasfemia senza alcuna prova a supporto delle accuse, Asia Bibi era diventata simbolo della sofferenza delle minoranze religiose in Pakistan. Da anni attivisti e persino Amnesty International, lottavano per convincere il governo pachistano a rivisitare il suo caso. La prima svolta è giunta nel novembre del 2018, quando la Corte Suprema revoca la condanna a morte e decide di liberarla.
La sentenza della Corte Suprema ha generato una vera e propria rivoluzione, con gruppi estremisti in strada che congestionavano ogni grossa città e chiedevano l’esecuzione di Asia. Per calmare le acque il governo è stato costretto ad accettare una revisione della sentenza. In attesa della nuova pronuncia della Corte, Asia è stata trasferita dal carcere ad un luogo sicuro sotto la scorta dei servizi segreti. Ad inizio 2019 la donna cristiana è stata assolta definitivamente e a maggio è stata trasferita in Canada, dove già si trovava la sua famiglia.
Raggiunta dal ‘Telegraph’, il simbolo di questa lotta per la tolleranza religiosa ammette di sentirsi con il cuore a pezzi per aver dovuto lasciare la sua terra natia. Asia è consapevole che rimanere in Pakistan avrebbe messo a rischio sia la sua vita che quella delle sue figlie; ma non riesce ad accettare di essere stata costretta ad auto esiliarsi a causa dell’odio degli estremisti islamici. La donna vorrebbe trasferirsi in Europa, ma al momento non ci sono Paesi che hanno offerto la disponibilità ad offrirle asilo.
Tornando al periodo della prigionia, la donna ricorda la sofferenza provata: “A volte ero così scoraggiata e mi domandavo se sarei mai uscita dal carcere. Mi chiedevo che cosa sarebbe successo in seguito, se rischiavo di restare lì per tutta la vita”. Per questo motivo si fa promotrice della libertà di altre persone che, come lei, sono state condannate ingiustamente: “Ci sono molti altri casi di accusati in detenzione da lungo tempo e anch’essi meritano una sentenza adeguata”.
Con queste parole Asia non vuole essere irriconoscente nei confronti della Corte Suprema per averla liberata, ma vuole far capire che la sua scarcerazione è solo l’inizio. La differenza tra il suo caso e quelli di molti altri, infatti, risiede solo nella maggiore attenzione mediatica.
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Luca Scapatello
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