Nei primi giorni dello scorso novembre la sentenza della Corte Costituzionale del Pakistan aveva segnato un primo passo verso la libertà religiosa nel Paese asiatico: i giudici, infatti, avevano decretato l’assoluzione di Asia Bibi, donna cristiana accusata in primo e secondo grado di blasfemia per il semplice fatto di aver professato la propria fede cristiana. Per 9 interminabili anni la donna aveva atteso una svolta dal carcere e diverse associazioni umanitarie si erano espresse in suo favore (tra queste Amnesty International) per chiedere la sua scarcerazione.
La sentenza ha avuto anche degli effetti secondari: gli integralisti islamici sono scesi in piazza per protestare in tutto il Pakistan, generando panico e disordine nelle principali città. I disordini sono stati sedati con la forza dalle polizia, ma dopo l’arresto e la condanna dei contestatori, il governo ha fatto un passo indietro concedendo agli integralisti una revisione della sentenza della Corte Costituzionale. Il risultato è che ad Asia Bibi è stato impedito di lasciare il Paese – in attesa di giudizio definitivo le è stato sequestrato il passaporto – e che la sua prigionia si è tramutata in un’altra forma di segregazione necessaria, in questo caso, alla sua incolumità. Diverse, infatti, le persone che hanno giurato di fare giustizia sommaria.
Nei giorni successivi a questa concatenazione di eventi, il presidente dell’UE Antonio Tajani per primo ha dichiarato che l’Europa si sarebbe mossa in difesa di Asia Bibi, alle sue dichiarazioni sono susseguite quelle dell‘Italia che in più di un’occasione ha offerto al Pakistan disponibilità per un eventuale trasferimento. Negli ultimi due mesi non si è saputo più nulla sulle condizioni della donna, ma oggi il primo ministro inglese Theresa May ha aggiunto la Gran Bretagna tra le nazioni pronte ad assicurarsi che esca incolume da tutta questa situazione: “Il nostro primo interesse è per la salute ed il benessere di Asia Bibi e della sua famiglia e ovviamente l’alto commissario britannico ad Islamabad ci tiene costantemente aggiornati”, spiega il primo ministro che in seguito aggiunge: “Rimaniamo in contatto con i nostri partner internazionali con i quali condividiamo il desiderio che avvenga una svolta ed una risoluzione positiva della situazione, inoltre diverse nazioni stanno discutendo di quale possa essere la sua destinazione una volta concluso il processo”.
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Luca Scapatello
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