Asifa Bano era una bambina di 8 anni ed è, purtroppo, la protagonista di una di quelle vicende di crudeltà inumana, che non vorremmo mai né scrivere, né leggere, ma che abbiamo il dovere di denunciare, almeno.
Viveva a Kathua, nel Kashmir indiano ed era figlia di pastori nomadi.
Lo scorso 10 Gennaio è stata rapita, poi drogata, violentata per 3 giorni, infine picchiata a morte.
Il suo corpo è stato ritrovato qualche giorno dopo e sono scattati gli arresti per 8 uomini: sei di loro hanno materialmente commesso gli orrendi crimini; due di loro hanno invalidato delle prove, essendo poliziotti!
Ma non è tutto: migliaia di persone, in seguito all’accaduto, hanno manifestato in piazza, ma per chiedere il rilascio degli assassini/stupratori!
Come si spiega questa mancanza di sensibilità, di compassione per Asifa, per quanto ha subito?
Pare che le ragioni siano storico/politiche, poiché il Kashmir indiano è conteso tra India e Pakistan, da oltre 70 anni.
Nel Kashmir, un milione di pastori nomadi alleva pecore, capre e cavalli; migra tra altipiani e pianure, tra l’estete e l’inverno.
Molti di loro, negli ultimi anni, avrebbero deciso di installarsi permanentemente in quelle zone contese, suscitando la follia degli indù, che si sentono invasi.
Sarebbe stata questa lotta tra etnie diverse (Asifa era musulmana, ma sul territorio si professano anche altre religioni) a causare la vicenda di cui stiamo parlando.
Per capirci meglio, il rapimento di Asifa e la tortura conseguente sarebbero stati pianificati tre mesi prima, dagli indù, per dissuadere i pastori nomadi a rimanere in quelle terre.
Per questo motivo, Asifa è stata afferrata per il collo, mentre si occupava dei cavalli, drogata con dei sonniferi, portata e rinchiusa in un Tempio indù, stuprata per 3 giorni, strangolata e colpita con delle pietre, poi, abbandonata nella foresta come un rifiuto.
Nonostante i testimoni e le prove accertate del Dna, 40 avvocati indù hanno tentato di impedire alla polizia di presentare il rapporto delle indagini al tribunale, mentre il Primo Ministro Narendra Modi, anche lui indù, non si è ancora pronunciato sul caso.
Nessuna parola può spiegare l’accaduto, né la ragione comprendere una crudeltà del genere.
Quello di Asifa non è il primo caso e questo fa davvero ribrezzo.
Noi, da qui, possiamo solo pregare, perché quella bambina di 8 anni trovi pace, tra le braccia di Cristo.
Antonella Sanicanti