La violenza sulle donne sembra sobillare, in tutto il mondo e in ogni cultura, gli uomini deboli, che vorrebbero soggiogare o, addirittura, schiavizzare le loro donne, renderle come dei robottini, che ubbidiscono ad ogni loro volere.
Ci sono dei posti in cui la violenza sulle donne è permessa anche da una religione malata, che non predica né libertà, né amore, ma vuole solo sottomissione.
E’ per questo che è morta Asima Yaqoob, a soli 24 anni, per le ustioni che ricoprivano l’80% del suo corpo, provocate dal suo fidanzato musulmano, che voleva convertirla.
Lui si chiama Rizwan Juggar ed ha confessato di non poter accettare che lei fosse cristiana e che non avesse nessuna intenzione di darsi all’islam.
Così, ha aspettato che Asima tornasse dal lavoro e, in strada, l’ha cosparsa di cherosene, poi le ha dato fuoco.
Dice che voleva solo spaventarla, che sperava di convincerla, ma non è così che si ottiene l’amore e la devozione di una donna, perché mai certi uomini con lo comprendono?
Questo fatto è accaduto nello Stato indiano Punjab, al confine col Pakistan.
E poi c’è la storia di Sana Cheema, che ha trovato la morte per mano dei parenti, del padre e del fratello, forse anche di uno zio.
Lei aveva 25 anni e si era stabilita a Brescia, dove lavorava ed aveva molti amici. E sono stati proprio i suoi amici a denunciare la sua morte sospetta, avvenuta dopo un viaggio nella Patria di origine, il Pakistan, dove era stata richiamata, una settimana fa circa, con un pretesto.
Perché è stata uccisa? Per aver rifiutato di sposare l’uomo scelto per lei dalla famiglia!
“L’hanno uccisa, poi hanno simulato un malore e sono riusciti a seppellirla prima che la polizia potesse intervenire. I nostri sospetti erano fondati”, racconta uno degli amici che ha contribuito a mobilitare le forze dell’ordine.
Ora, tutti questi assassini sono diretti in un tribunale speciale, costituito in Pakistan, proprio per reati così esecrabili.
“Speciali tribunali antiterrorismo sono stati istituiti dal Governo, dell’allora Primo Ministro Nawaz Sharif (1997-1999), per fronteggiare l’aumento di atti terroristici nel Paese. Ma questi tribunali sono stati investiti, nel, tempo del compito di processare anche persone accusate di reati politici o di crimini come stupro di gruppo e violenza sui bambini.
Questi tribunali devono terminare il processo entro 7 giorni e 7 giorni è il termine concesso ai condannati per presentare appello, che a sua volta dovrà essere fissato e discusso entro 7 giorni”.
Antonella Sanicanti