Secondo il prof. Giulio Tarro, gli asintomatici non sono veicolo di contagio del coronavirus.
Il medico napoletano ha spiegato che questa affermazione si basa su un recente studio scientifico, uscito di recente uno studio su PubMed. Lo studio, spiega Tarri, “riporta un esperimento effettuato: un soggetto, positivo al Sars CoV2 ma asintomatico, è entrato in contatto con 455 persone sane. Ebbene, nessuna di queste ha contratto il virus. Quindi l’asintomatico non è infettivo per gli altri”.
Intervistato dal blog della Fondazione Pietro Nenni, lo scienziato è entrato nel merito di diverse tematiche. Come le indagini sierologiche, i rischi diversi di infezioni da asintomatici e non, il bisogno di attuare il distanziamento sociale e la contagiosità delle goccioline.
E ha spiegato che anche se al momento non esistono ancora evidenze geniche che mostrino un eventuale indebolimento del coronavirus, ” in futuro non è da escludere che possano emergere”.
Da pochi giorni in Italia ha infatti preso il via l’indagine sierologica che dovrebbe aiutare il governo italiano a fare chiarezza sul rischio attualmente presente nel nostro paese. Tarro è dubbioso in merito: “Ormai siamo a fine Maggio e, in tutta onestà, fatta adesso non vedo quale vantaggio se ne possa trarre”, spiega.
“Io l’avrei fatta almeno un mese e mezzo fa, quando ancora la curva dei contagi era considerevolmente alta”. Tarro ha spiegato infatti che nelle rilevazioni del dottor Bacco, si è riscontrato che “nell’ultimo semestre, su un campione di oltre 7000 sieri, vi era il 35% di positività alle IgG per il Sars CoV2”.
Mentre invece il governo italiano, ha spiegato Tarro, ha incentrato tutte le sue politiche sui tamponi. “I quali non solo sono poco attendibili, ma come il Washington Post ha detto in un suo articolo recente, parrebbe persino che abbiano favorito il contagio, almeno in alcuni casi”.
In Italia infatti accade che se si risulta positivi agli anticorpi si è chiamati a sottoporsi al tampone, mentre invece se si è direttamente positivi al coronavirus si è chiamati a restare in quarantena per due settimane. Tarro ha bollato tutto questo come “un’idiozia immane“.
“Chi ha sviluppato gli anticorpi, cioè le IgG, è guarito: vale a dire che non può né essere infettato e tantomeno infettare”, spiega il medico napoletano. “I tamponi, per giunta, non sono attendibili al 100%, come ho già detto poc’anzi”.
Tarro ha anche spiegato che attualmente in Italia ci sono pochi infettati, dimostrati con il fatto che la curva dei contagi scende ogni giorni. “E continuerà così fino ad arrivare al giorno in cui il valore R0 sarà pari a zero e quindi potremo dire che questa storia sarà per noi finita”, spiega.
Aggiungendo che ormai in terapia intensiva per coronavirus non c’è arriva più nessun paziente. “Questo perché si è anche capito che nei casi peggiori i polmoni non vengono colpiti da polmonite interstiziale, bensì da tromboembolie che vengono trattate con l’eparina a basso dosaggio nei casi estremi”.
Tarro si dichiara anche ben disposto rispetto all’uso delle cure farmacologiche come la sieroterapia o la clorochina, “che è egualmente un fluidificante”. Si parla per l’idrossiclorochina del rischio di effetti collaterali gravi. Tarro ha licenziato questi dubbi spiegando che tutti i medicinali possono averli. E che nello specifico la clorochina in determinate circostanze “può provocare aritmie cardiache”.
Per questo si potrebbe fare al paziente, prima dell’utilizzo del farmaco, un elettrocardiogramma. Al netto di ciò, il medico napoletano spiega di non capirne il contrasto da parte dell’Oms. “Non capisco perché l’Oms abbia consigliato di bloccarne la somministrazione”, afferma.
Tarro cita uno studio in cui si spiega che la clorochina “in cinque anni, dal 1900 al 1905, somministrata a milioni di Italiani, ha ridotto drasticamente la mortalità per malaria nel nostro Paese e oggi viene regolarmente assunta in Italia da 65mila pazienti affetti da artrite reumatoide senza significative segnalazioni in farmacovigilanza di danni cardiaci”.
Ma “la cosa davvero incredibile“, continua il medico, è che “i nominativi di tutti questi pazienti, con il codice di esenzione ICD9 714 per artrite reumatoide, sono inseriti nella banca dati dell’Istituto superiore della Sanità”. E che per questo sarebbe bastato un “semplice controllo incrociato con la banca dati degli infettati” per avere riscontro dell’effetto positivo di questo farmaco contro il coronavirus.
“Non trovando alcuna notizia su riviste scientifiche e sui giornali, ho attivato i miei canali per sapere se questo elementare e importantissimo riscontro è stato fatto. Al momento, si direbbe di no”, denuncia il medico.
Tarro rappresenta quella parte della comunità scientifica sicuramente meno pessimista e allarmista. Nelle ultime settimane il mondo degli scienziati piano piano sta tornando su posizioni meno eccessivamente preoccupate.
Dall’idea di un virus che provochi milioni di morti e che possa restare attivo per sempre, si sta passando piano piano a una visione più serena in cui nei prossimi mesi potremmo forse ritornare alla normalità, anche se mantenendo l’idea di possibili ricadute.
Commentando questo fatto, Tarro ha detto che “l’evidenza dei fatti non può che indurre al buon senso anche coloro che finora non l’hanno dimostrato. Il punto è che abbiamo avuto due categorie di scienziati che si sono distinti in modo netto su questa storia del Sars CoV2: una che ha fatto confusione – e abbiamo visto con che risultati, soprattutto in Nord Italia –; e un’altra che, al contrario, ha lavorato con serietà e ponderazione”.
Entrando invece nel merito dell’idea che il caldo possa essere fattore di contrasto del coronavirus, il medico ha spiegato che si è detto molto d’accordo con questa idea. “L’ho detto tantissime volte e non mi stancherò di ripeterlo. Del resto lo stiamo vedendo in questi giorni”.
Tarro poi ha risposto con una battuta, che poi tale non è, verso coloro che provano a smentire la sua tesi spiegando che il virus sta colpendo paesi come il Brasile. “Vorrei ricordare a costoro che dall’altra parte della linea dell’equatore le stagioni sono opposte alle nostre: noi siamo in Primavera/Estate; là, invece, sono in Autunno/Inverno”, dice Tarro.
Sulla contagiosità delle goccioline, il medico ha confermato che “sono elemento di trasmissione dell’infezione”, anche se allo stesso tempo “non si può fare un discorso in astratto”, ma “bisogna distinguere da caso a caso”.
“Per chi starnutisce o tossisce, è chiaro che queste goccioline possono propagarsi per circa un metro. Ma se consideriamo il caso di persone che dialogano normalmente, ad una distanza di circa 20 cm – come del resto è scritto in ogni manuale di microbiologia – non avviene alcun tipo di contagio”.
In ultimo luogo, bisogna anche considerare anche la carica virale. “Nei momenti in cui essa è al massimo, allora occorre più cautela. Ma ora che il Sars CoV2 non ha più questa carica così potente, si può stare tranquilli e non abbandonarsi a psicosi che, onestamente, credo non abbiano ragione di esistere”.
Giovanni Bernardi
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