Paolo VI, 49 anni fa l’attentato a Manila. Il racconto dalle sue parole

Perché mai attentare alla vita del Sommo Pontefice?

E’ una domanda alla quale molto spesso non c’è risposta.

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Paolo VI (getty images)

Un racconto inedito è quello che ci viene da monsignor Macchi, segretario di papa Paolo VI, circa l’attentato subito dal suo Pontefice a Manila

1970, Manila: l’attentato a Papa Paolo VI

Una storia che parte da lontano: era l’anno 1970 e papa Montini stava per dare l’annuncio del suo viaggio in estremo oriente all’udienza generale. Raccontava quali sarebbero state le tappe di questo suo viaggio: “Sarò a Manila e a Teheran, mi riunirò con i vescovi dell’Asia Orientale e tanti pellegrini. Sarà un viaggio di tre giorni […] Ma andrò anche in Australia e incontrerò i popoli dell’Indonesia. E poi andrò anche ad Hong Kong”. L’entusiasmo del papa traspariva dalle sue parole, ma il pericolo era dietro l’angolo.

Atterrato a Manila, papa Paolo VI venne aggredito da un uomo boliviano, travestito da sacerdote che aveva in mano sia un crocifisso che un pugnale, e con quest’ultimo ferì il Santo Padre al collo. Una situazione strana: “Pensavo fosse una delle tante persone che era venuto lì per salutarmi”, racconta il Papa, come è descritto e ricordato proprio nel libro di monsignor Macchi ‘Paolo VI nella sua parola’. “Fui colpito dal petto con i pugni dall’individuo – si legge nel racconto riportato sul libro di Macchi – tanto che sentii subito la percossa. Ricordo anche che fu subito allontanato ma fui io stesso a credere che si trattava di un devoto semplice. Mi sbagliavo”.

L’attentato a Paolo VI e la macchia di sangue sull’abito bianco

Le parole di Paolo VI, a distanza di anni, colpiscono ancora oggi. Ma non si potè fare a meno di notare la macchia di sangue sul suo abito bianco, nonostante il Pontefice non avesse fatto alcun cenno dell’attentato appena subito. Arrivò sia al palco per il saluto di rito che in cattedrale, ma il suo medico personale, notando la gravità della cosa e soprattutto il sopraggiungere di un attacco di febbre, obbligò il pontefice a sospendere tutti gli impegni di quel pomeriggio.

Ma Paolo VI non volle saperne, continuando il suo viaggio così come era previsto. Le ferite c’erano, questo sì, e furono prontamente curate, ma ciò che colpisce (anche come racconta monsignor Macchi) è vedere “come il Signore abbia voluto, nella sua provvidenza, che non avesse tutto ciò, condizioni letali e ben più gravi”.

La protezione di Dio è su ognuno di noi, e Dio sa sempre chi porre a guida della sua chiesa. Un uomo puro, saggio e semplice che, pur di adempiere al suo dovere di guida e pastore, non c’ha pensato due volte a continuare il suo viaggio, anche se ferito. E’ un segno divino…

ROSALIA GIGLIANO

Fonte: cooperatore-veritatis.org

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