L’Italia è un paese in cui la superstizione ha un ruolo potente, in particolare al sud dove ci sono persone che compiono gesti scaramantici contro il malocchio (o la jella) prima di affrontate una prova importante o prima di andare a seguire la squadra del cuore (sembra un luogo comune, ma non è insolito vedere gente portarsi il sale da buttare dietro le spalle allo stadio). La superstizione, però, non è un esclusiva dell’Italia né una tendenza moderna, bensì è una credenza che nasce con l’uomo stesso.
La prima testimonianza di pratiche contro la mala sorte provengono dall’antico Egitto: in alcuni papiri risalenti alla XX dinastia di faraoni (3200 A.C.) gli studiosi hanno trovato frasi come: “Lo proteggiamo dal malocchio”. La trasposizione della credenza nel nostro Paese la dobbiamo alla cultura romana: nell’antica Roma, infatti, la “Sfortuna” non era una semplice credenza, ma una vera e propria forza che condizionava la vita dei suoi abitanti. Il timore di essere sotto fattura era tale che gli antichi romani ricorrevano all’utilizzo di Fascinum, degli amuleti che secondo Plinio il vecchio avevano la funzione di curare il malocchio. Lo stesso termine amuleto proviene dal latino a-molior (allontanare), i Fascinum, infatti, erano oggetti naturali che avevano, secondo la credenza romana, una forza naturale intrinseca che si sprigionava a contatto con l’essere umano divenendo in questo modo scudo che allontanava la cattiva sorte.
Insomma la sfortuna esiste da sempre, così come gli invidiosi, ovvero coloro che secondo Bacone sono i portatori del malocchio: il filosofo lo definiva come il potere di alcuni soggetti hanno di cagionare mali e sventure al prossimo attraverso un singolo sguardo malevolo. Proprio l’invidia, aggiunge il filosofo, è il motore di tale potere, poiché spinge il soggetto a guardare malevolmente l’oggetto o il soggetto del suo desiderio e chi lo possiede. Cinquecento anni dopo tale modo di pensare dovrebbe essere superato, eppure la scaramanzia fa parte della nostra società esattamente come allora (basta osservare le scritte sui camion che esorcizzano il malocchio “La tua invidia sarà la mia fortuna”).
Ad approfittarsi dell’ingenuità di questa gente ci sono parecchi soggetti che si definiscono maghi e che si dicono in grado di togliere le fatture ed il malocchio, un “dono” che si fanno pagare profumatamente. Il pericolo per le persone che vengono raggirate solitamente è di natura prettamente economica, ma la Chiesa Cattolica invita a prestare attenzione anche alla possibilità che tra questi ciarlatani ci siano anche alcune anime votate a satana: da sempre, infatti, le pratiche magiche vengono associate al demonio poiché alcune di esse potrebbero accelerare o favorire una possessione demoniaca.
Qualsiasi rituale per togliere l’invidia è una PRATICA MAGICA, e come abbiamo già scritto in precedenza nelle pratiche magiche non si può escludere una qualche partecipazione del gesto malefico al mondo demoniaco (cfr: » (Nota Pastorale della Conferenza Episcopale Toscana, A proposito di magia e demonologia, 01/giugno/1994, art. 13).
Concludo quindi con le parole del moralista Anselm Gunthor in Chiamata e risposta “Ogni pratica magica è un peccato grave contro la fede quando si fa in modo cosciente e volontario e questo vale sia per chi lo compie abitualmente, sia per chi si reca dal mago o dallo pseudo guaritore, sia per chi vi induce altri con consigli e spinte morali, sia per chi vi collabora o vi assiste soltanto.”