“È l’unità, l’unanimità del nostro paese. La gioia vive ancora nei nostri cuori”, ha affermato l’arcivescovo di Parigi monsignor Michel Aupetit.
Alle sette e mezzo del 25 marzo, in tutta la Francia sono suonate le campane. Interrottamente, per dieci minuti. Hanno ricordato ai francesi, attualmente orfani della Cattedrale di Notre-Dame, l’Annunciazione.
Così molti cittadini francesi hanno acceso una candela e l’hanno posta sul davanzale della propria finestra. Lo hanno fatto per pregare la Vergine Maria. Un gesto che ha espresso comunione e solidarietà, ma che ha altresì rimesso il popolo francese in contatto con le proprie radici. Quelle cristiane, brutalmente scosse dalla sanguinaria rivoluzione giacobina e illuminista.
La scena ricorda quanto accaduto soltanto un anno fa, mentre tutto il Paese guardava in tv la cattedrale di Notre-Dame avvolta dalle fiamme. Giù in quell’occasione, il prelato aveva scritto su Twitter: “I pompieri stanno ancora combattendo per salvare le torri di Notre-Dame di Parigi. Il telaio, il tetto e la guglia sono distrutti. Preghiamo. Se lo desiderate, suonate le campane delle vostre chiese per invitare alla preghiera”.
Così, tutti noi ricordiamo ancora i giovani inginocchiati nella piazza antistante intonare inni alla Vergine. Stavolta, Monsignor Aupetit ha scelto di indirizzare un messaggio al giorno ai francesi che si trovano isolati nelle proprie case. Una breve preghiera di tre minuti che ci ricorda di essere un popolo unico, in cui siamo tutti figli di un unico Padre.
Monsignor Aupetit, 69 anni, ex medico diventato sacerdote in tarda età (a 44 anni) che ha scalato in pochi anni le gerarchie ecclesiastiche, è una delle voci più seguite della Chiesa francese. Sulla chiusura delle Messe non si è fatto trovare intimorito. Ha affermato che non c’è alcun rischio di dispersione della fede, ma al contrario la farà tornare a molti francesi. “Quando hai sete, diventi sempre più assetato. E quando ci viene data l’acqua, beviamo in abbondanza”
Anche in Francia molti sacerdoti stanno ricorrendo agli strumenti del web per rimanere vicini ai fedeli. “Dobbiamo trasmettere la grazia divina, non i virus”, ha detto il prelato. Spiegando che “il giovedì santo spero di poter salire alla Basilica del Sacro Cuore e benedire la città di Parigi dall’alto”. Mentre invece “il Venerdì Santo, vorrei poter entrare a Notre-Dame, anche da solo”, ha aggiunto.
In quanto ex medico, ha offerto la sua disponibilità per visitare ogni giorno i malati di Coronavirus, dopo la Messa quotidiana privata celebrata nell’arcivescovado.
“Stiamo pensando con la prefettura a un modo per accogliere i pazienti con coronavirus nei locali della diocesi e persino dell’arcidiocesi”, ha rivelato. Per quanto riguarda il rischio di contrarre a sua volta il virus, ha affermato: “penso perfino di averlo preso, 15 giorni fa ho avuto un’anosmia, una perdita dell’olfatto. Non ho avuto altri sintom”.
Ai direttori degli ospedali francesi si è rivolto con una lettera dicendo che ci sono “55 giovani sacerdoti che sono disponibili ad ascoltare e sostenere le famiglie colpite dalla malattia. Speriamo di compiere questo compito prendendo, ovviamente, tutte le precauzioni necessarie. Possono anche conferire l’unzione degli infermi a coloro che la desiderano. Non c’è motivo di rifiutare questo aiuto spirituale, che può essere di grandissimo aiuto per la guarigione”.
L’arcivescovo francese, perciò, ne è più che certo. Al termine di tutto questo male ritornerà la speranza cristiana.
“Quando Cristo è crocifisso, ci diciamo che tutto è finito. Tre giorni dopo, celebriamo la sua resurrezione. L’ultima parola non è morte, ma vita”, ha affermato.
Giovanni Bernardi
Fonte: iltimone.it
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