L’ avarizia è uno dei sette Vizi Capitali, quello che denota un morboso, ossessivo, univoco attaccamento al denaro.
Anche San Paolo ci aveva messo in guardia, contro questa tentazione, dicendo, nella Lettera a Timoteo: “Infatti l’amore del denaro è radice di ogni specie di mali; e alcuni che vi si sono dati, si sono sviati dalla fede e si sono procurati molti dolori”.
L’ avarizia è accumulare il denaro, per tenerlo per se, invece di considerarlo -quale in effetti è- solo un mezzo per condurre una vita dignitosa, per comprare cibo o vestiti necessari, per pagare le tasse o fare opere di carità, verso chi ne ha più bisogno.
L’ avarizia non si cura dell’indigenza degli altri, ma solo della propria smania di ottenere ricchezze; non si cura della legge di Dio, che ci dice di scegliere tra lui e Mammona, perché non si possono servire entrambi.
Per spiegare a pieno la pericolosità di questo Vizio Capitale, raccontiamo un episodio della vita di Sant’Antonio di Padova.
In un periodo della sua vita, il Santo si trovò a Firenze. In quei giorni, morì un uomo benestante, che poco aveva amato i consigli del Santo sul “fare carità” e convertirsi.
Per i suoi funerali, comunque, i parenti vollero che fosse Sant’Antonio a celebrare la Messa.
Il Santo non si fece sfuggire l’occasione per parlare del passo del Vangelo che dice: “Dove è il tuo tesoro, ivi è il tuo cuore”, sottolineando quanto fosse stato avaro il defunto, in vita.
Ai parenti, indignati per la sua predica, poi, disse: “Andate a vedere nel suo scrigno e vi troverete il cuore”. Ed effettivamente, quei parenti trovarono il cuore palpitante del loro congiunto, in mezzo al denaro e ai gioielli. Fu, allora, interpellato un chirurgo, perché ne riesumasse il corpo.
Questi, dopo avergli aperto il petto, lo trovò senza cuore!
L’evento servì, perché molti usurai si convertissero al Vangelo.
Antonella Sanicanti