Il Beato Enrico da Bolzano svolse pesanti lavori per guadagnarsi da vivere, finché si trasferì a Treviso dove cominciò un’opera di incessante carità.
La biografia del Beato Enrico da Bolzano non è di certo quella di un uomo che ha vissuto negli agi. Fin dalla più tenera età infatti, Enrico, nato a Bolzano nel 1250, condusse una vita di lavoro e fatica, quella cioè di un povero operario.
Il trasferimento a Treviso con la morte dei suoi cari
Continuò questo duro lavoro per circa vent’anni, fino a che le forze glielo permisero. Nel frattempo, è uomo di fatica, disponibile per traslochi e per ogni lavoro pesante. Era infatti un uomo povero e analfabeta, con gran parte dei suoi contemporanei, e difficilmente sarebbe stato in grado di fare altro. Era obbligato a guadagnarsi il pane con il sudore della sua fronte.
Con la morte di moglie e figlio, però, decise di trasferirsi a Treviso, di ritorno da un pellegrinaggio a Roma. Qui si ferma nel podere di un signorotto locale, iniziando a fare il boscaiolo. Ma il luogo in cui si trova a vivere è una catapecchia. Da questo momento in poi Enrico cominciò a vivere una vita di preghiera e di penitenza.
Comincia a vestire un saio ruvido e porta strumenti di penitenza
Comincia a vestire un saio ruvido, nel frattempo porta sul suo corpo strumenti di penitenza, prega e cerca di aiutare tutti coloro che hanno bisogno di aiuto. La sua vita di preghiere e di carità è però alimentata da un segreto ben preciso: la Messa e la Comunione quotidiana.
Oltre a questo Enrico si fece pellegrino di chiesa in chiesa. Ogni giorno visitava le chiese di Treviso e partecipava a tutte le celebrazioni che vi si svolgevano all’interno. La caratteristica speciale di Enrico, però, è che povero in canna divenne il “banchiere di Dio”, andando a bussare a tutte le porte per elemosinare un aiuto.
La sua missione era quella di venire in soccorso ai tanti miserabili
La sua missione era quella di venire in soccorso ai tanti miserabili che pullulano in città, e presto diede vita a una rete do carità in cui coinvolse il vescovo e il signore di Treviso, che in questo modo gli manifestarono la stima e il rispetto nei suoi confronti. Di quanto gli veniva donato, infatti, Enrico non teneva nulla per sé. Tanto che morì in povertà estrema, completamente solo nella sua catapecchia.
LEGGI ANCHE: Oggi 3 giugno: Ss. Carlo Lwanga e 12 compagni, mandati al rogo dagli stregoni
Fu durante le esequie che cominciarono a manifestarsi i prodigi: in breve tempo si registrano e si documentano ben 346 miracoli attribuiti alla sua intercessione. Presto la sua fama si estese a tutta Italia e anche agli stati confinanti, facendo affluire alla sua tomba frotte di pellegrini.
Giovanni Bernardi